La figura di Pasquale Penta rimane in gran parte nascosta alla storia, nonostante il suo fondamentale contributo allo studio delle devianze sessuali nel contesto della psichiatria e della criminologia. Nel 1896, Penta fondò a Napoli l’«Archivio delle psicopatie sessuali», la prima rivista al mondo dedicata a questo campo. Questo articolo esplorerà la vita e le opere di Penta, nonché il contesto storico in cui operò, con particolare attenzione al nuovo libro dello storico Lorenzo Leporiere che riporta alla luce il suo straordinario ma tragico percorso.
Nel 1896, mentre l’Europa stava attraversando un periodo di intenso dibattito intorno alla sessualità e alla devianza, Napoli divenne il palcoscenico di un’importante iniziativa scientifica: la pubblicazione dell’«Archivio delle psicopatie sessuali». Sotto la direzione di Pasquale Penta, la rivista affrontava argomenti delicati e innovativi per l’epoca, trattando casi clinici e ricerche sulla sessualità. Nonostante l’audace proposta di studio, l’archivio non riuscì a mantenersi a lungo, cessando le pubblicazioni dopo solo un anno.
L’episodio è emblematico di un’Italia che, all’epoca della monarchia umbertina, mostrava un forte attaccamento a valori conservatori e bigotti. Le storie presentate nella rivista, ritenute oscene e pericolose, incontrarono non poche critiche e opposizioni. A dispetto delle sfide, l’«Archivio» segnò un passo importante nel progresso scientifico, tanto che solo tre anni dopo, Sigmund Freud avrebbe pubblicato l’«Interpretazione dei sogni», parzialmente ispirato dal clima di ricerca che Penta cercava di promuovere.
Il fatto che Freud venisse citato nella rivista napoletana non è casuale: Penta si accostava ai principi freudiani, cercando di integrare la psicoanalisi nei suoi studi. Tuttavia, la rivista dovette fare i conti con una società non pronta ad affrontare tali argomenti, che resero impossibile la sua continuazione.
Pasquale Penta, nato in provincia di Avellino, si distinse come criminologo e neurologo. Dopo la laurea in medicina e una breve esperienza professionale a Napoli, entrò in contatto con il mondo della detenzione, prestando servizio nello stabilimento penale di Santo Stefano. Qui, Penta osservò e analizzò casi di delinquenza, approfondendo in particolare il profilo di Carmine Crocco, un noto brigante dell’epoca. Questo studio lo portò a pubblicare il saggio «Delinquenti e delitti primitivi», gettando le basi per il suo interesse verso le psicopatologie.
Nelle sue esperienze cliniche, Penta cominciò a mettere in crisi le teorie positiviste di Cesare Lombroso, cercando di ampliare la comprensione delle cause della devianza oltre le sole spiegazioni antropologiche. Lavorando presso la casa di correzione di Nisida e il manicomio di Aversa, sotto l’ala di Gaspare Virgilio, si dedicò all’osservazione dei pazzi delinquenti, sviluppando un approccio clinico e umano nei confronti delle malattie mentali.
Penta si immerse sempre più nello studio delle patologie a carattere sessuale, un’area che all’epoca era ancora in fase embrionale ma che prometteva di moltiplicare le possibilità di ricerca futura. Il suo lavoro gli valse la stima tra i colleghi e la notorietà nei circoli scientifici, ma il successo sarebbe stato di breve durata.
Il recente libro di Lorenzo Leporiere, «Sessualità perversa – breve storia di una rivista scandalosa», si propone di restituire l’adeguata visibilità a Pasquale Penta e alla sua opera. Attraverso un’analisi dettagliata della rivista e del suo contesto, Leporiere ricostruisce il percorso intellettuale di Penta, evidenziando l’importanza della sua ricerca nel panorama scientifico dell’epoca.
L’opera non solo racconta la complessità del dibattito scientifico sul tema della sessualità, ma offre anche uno sguardo critico sulle dinamiche sociali che hanno portato alla rapida conclusione della rivista. Penta, nonostante si fosse guadagnato un certo prestigio, si trovò coinvolto in un contesto difficile, dove un’informazione aperta e scientificamente rigorosa andava in contrasto con il pensiero dominante. La sua prematura morte, a soli 45 anni a causa di una polmonite, ha segnato un’ulteriore perdita per un campo di studio già fragile.
Le testimonianze di scienziati dell’epoca, come Leonardo Bianchi, confermano il contributo di Penta e il potenziale delle sue ricerche, affermando che, se non fosse stato per la sua morte, il suo nome non sarebbe caduto nell’oblio. Il lavoro di Leporiere, dunque, si presenta come un utile strumento per riconsiderare il valore di una figura che potrebbe aver rivoluzionato la comprensione delle patologie sessuali, molto presto dimenticata dalla storia.