Passare dalle cure attive contro il cancro a un approccio di supporto può sembrare una condanna per molti pazienti. Tuttavia, Massimo Di Maio, presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica , chiarisce che questo non significa affatto che non ci sia più nulla da fare. Un messaggio che emerge chiaramente dalla recente intervista di Eleonora Giorgi a ‘Verissimo‘, in cui l’attrice e regista ha condiviso la sua difficile esperienza nella lotta contro il tumore al pancreas. Queste informazioni sono fondamentali per una corretta comprensione del processo che affrontano i pazienti oncologici e le loro famiglie.
La complessità del tumore al pancreas
Il tumore al pancreas rappresenta una delle forme più insidiose di cancro. Nonostante i progressi della medicina, i tassi di sopravvivenza per questa malattia rimangono inquietanti. Molti pazienti si trovano a dover affrontare non solo una diagnosi devastante, ma anche una serie di sintomi complessi. Il dolore persistente, la difficoltà nella nutrizione e la paura del futuro contribuiscono a una qualità di vita significativamente compromessa. Questo è il contesto in cui si colloca la decisione di passare dalle terapie aggressive a quelle di supporto, un passo che può portare a una maggiore concentrazione su aspetti come il benessere psicologico e la gestione dei sintomi.
L’importanza delle cure palliative
Massimo Di Maio, che svolge anche il ruolo di Direttore dell’Oncologia Medica Universitaria presso l’ospedale Molinette di Torino, sottolinea l’importanza delle cure palliative non come un abbandono del paziente, ma come un’opzione per migliorare la vita in un momento difficile. Queste terapie si concentrano sul supporto al paziente e sui suoi familiari, offrendo risorse per affrontare la malattia. Ciò comprende non solo il trattamento del dolore con terapie antalgiche, ma anche supporto psicologico e nutrizionale. Di Maio chiarisce che la scelta di passare a questa forma di trattamento deve essere comunicata in modo delicato ma chiaro a pazienti e famiglie. È cruciale far comprendere che questa decisione è tutt’altro che un arrendersi; piuttosto, è un approccio per rispondere a esigenze concrete e immediate del paziente.
Il delicato equilibrio tra trattamento e qualità della vita
Affrontare un cambiamento di terapia da trattamenti attivi a cure palliative è un momento di grande tensione sia per i pazienti sia per i loro familiari. Questa transizione richiede di considerare non solo l’efficacia del trattamento, ma anche il benessere generale del paziente. Come sostiene Di Maio, è importante offrire soluzioni utili piuttosto che proseguire con regimi terapeutici che possono risultare tossici e privi di benefici significativi. La sua esperienza evidenzia un punto fondamentale: quando il bilancio tra benefici e rischi si inclina a sfavore del paziente, è compito dell’oncologo suggerire un cambiamento, concentrandosi sui reali bisogni della persona in cura.
La sfida di comunicare le scelte terapeutiche
Nella difficile arte della comunicazione medica, Di Maio evidenzia che spiegare la necessità di passare alle sole cure palliative può risultare una delle sfide più ardue per i medici. È fondamentale essere chiari ma sensibili nel presentare un messaggio del genere. Un paziente affronta una fase della vita molto complessa, e le parole del medico possono fare la differenza. Informare i familiari e i caregiver sulle implicazioni di questa scelta non è solo una questione clinica, ma anche un atto di supporto emotivo. Eppure, come dimostrano i dati, il cancro del pancreas, rispetto ad altre forme di tumore, ha visto meno progressi trattativi negli ultimi anni, evidenziando la necessità di un approccio olistico e personalizzato nella cura dei pazienti.
Il messaggio di Di Maio è chiaro: anche nelle fasi più buie della malattia, il paziente non è mai abbandonato. Anzi, si intensifica il focus sui bisogni, assicurando che ogni paziente riceva l’attenzione e il supporto di cui ha bisogno durante questo difficile viaggio. La lotta contro il tumore resta una battaglia complessa, ma l’umanità e la compassione devono sempre rimanere al centro della cura oncologica.