L’aumento della violenza minorile a Napoli ha sollevato situazioni allarmanti che coinvolgono maggioranza e istituzioni. Giovanni Zoppoli, psicologo da tre decenni attivo nel sociale a Scampia, attribuisce gran parte della responsabilità al comportamento degli adulti. In una misteriosa ricerca di soluzioni, il professionista invita a riflettere sui valori fondamentali per recuperare una società sempre più lacerata. Le recenti dichiarazioni dell’esperto aprono un fronte di dibattito su come affrontare il problema della criminalità minorile e la necessità di un impegno collettivo da parte della comunità.
Negli ultimi mesi, Napoli ha assistito a una serie di atti violenti che hanno coinvolto adolescenti e minori. Episodi di violenza giovanile, dai ragazzini armati di coltelli alle tragiche sparatorie, hanno toccato la comunità, scatenando reazioni da parte dell’opinione pubblica e degli organi di governo. Secondo Zoppoli, questo fenomeno non è isolato ma è emblematico di una problematica più ampia che interessa molte grandi città nel mondo, colpite da dinamiche sociali legate alla criminalità organizzata. L’intervista mette in luce una situazione critica in cui il sistema educativo e quello sociale sembrano essere allo sbando, privi di un intervento efficace da parte delle istituzioni.
Le parole delle autorità, secondo Zoppoli, non sono state sufficienti a garantire una risposta tempestiva e concreta. Anzi, l’inerzia del governo è stata sottolineata da un confronto sfavorevole con il “Decreto Caivano“, un’iniziativa che, pur avendo l’ambizione di affrontare il problema della criminalità minorile, fatica a tradursi in azioni efficaci sul campo. Un’avvocata dell’evidenza ha colpito i protagonisti del dibattito pubblico, con il partito al potere che ha preferito attaccare figure autorevoli piuttosto che affrontare il problema in modo diretto e innovativo.
Giovanni Zoppoli porta l’attenzione su un aspetto cruciale: l’educazione e la responsabilità dei genitori. Laddove si rileva un atteggiamento di delega nei confronti degli specialisti, Zoppoli denuncia una crescente mancanza di coinvolgimento da parte delle famiglie nel processo educativo. Egli osserva come, di fronte a gravi difficoltà, ci sia una tendenza dei genitori a chiedere aiuto e soluzioni immediate, pretendendo che gli educatori “aggiustino i loro bambini“. Questo approccio, secondo lo psicologo, evidenzia una disconnessione tra i comportamenti adulti e le aspettative su come i bambini dovrebbero comportarsi.
La questione si complica ulteriormente in una società in cui molti minori vivono in condizioni di povertà e dal background di esclusione sociale. Un rapporto recente di Save the Children ha rivelato che un terzo dei minori in Campania vive in povertà, e il sistema educativo registra un alto tasso di abbandono scolastico. Zoppoli sottolinea la necessità di un ripensamento su come gli adulti devono comportarsi e interagire con i bambini, poiché questi ultimi sono influenzati dal comportamento che vedono nella società.
L’influsso negativo delle figure adulte si riflette nel comportamento dei giovani, che assorbono convinzioni e valori dalla società in cui vivono. Zoppoli mette in evidenza che i modelli sociali attuali, permeati da concetti di competizione e violenza, non possono che generare un clima in cui la violenza diventa un’opzione evidente. Combattere contro questa tendenza richiede non solo l’impegno degli operatori sociali ma anche un ripensamento complessivo dei valori in circolazione.
Il linguaggio violento spesso utilizzato da politici e influenze nei media contribuisce a creare un’atmosfera poco salutare, dove la forza diventa sinonimo di efficacia. Questa situazione ha portato a un imbarbarimento, non solo tra i giovani, ma all’interno della società nel suo complesso. Gli adulti devono essere coscienti che il loro comportamento modella le azioni dei ragazzi, quindi è necessario assumersi la responsabilità di cambiare.
Il contesto attuale è amplificato dalla crescente privatizzazione degli interventi sociali, dove molti enti no profit lottano per la sopravvivenza attraverso progetti a breve termine, spesso legati a fondi privati. Zoppoli critica aspramente il modello di intervento che si è sviluppato nel tempo, il quale, invece di ampliare le risorse e gli sforzi, sembra limitarsi a un’occupazione di facciata, dove le necessità reali dei giovani e delle loro famiglie vengono trascurate.
Nonostante le facce di eccellenza rappresentate da organizzazioni locali, il peso del pubblico che ritira supporto e impegno si fa sentire. Questo clima di decadenza richiede una riflessione collettiva, alla quale deve partecipare anche la sfera politica, per ricostruire le basi di una società coesa. Gli eventi recenti in cui operatori e cittadini si sono ritrovati insieme dopo l’ennesima tragedia dicono chiaramente che c’è bisogno di unire le forze per affrontare una crisi che va ben oltre le difficoltà quotidiane.
Le dichiarazioni di Giovanni Zoppoli ci spingono a considerare ciò che significa davvero avere una comunità coesa, responsabile e pronta a sinergie reali. In un contesto di assoluta urgenza, è fondamentale non perdere di vista questi valori: solo riprendendo in mano la situazione, tutte le parti coinvolte possono contribuire a una ripartenza significativa.