Un numero crescente di bambini nella fascia di età compresa tra i 6 e i 10 anni utilizza quotidianamente internet e accede regolarmente a piattaforme di social media come TikTok e Instagram. Secondo recenti ricerche, il 44,6% di questi giovani utenti è esposto a contenuti online, creando potenziali presupposti per forme di dipendenza nel futuro. Queste tematiche sono state affrontate dal procuratore del tribunale dei minori di Palermo, Claudia Caramanna, durante il forum “Il contrasto alla criminalità tra l’utilizzo dei social, cybercrime e nuove dipendenze“, un evento significativo organizzato dalla Fondazione Magna Grecia.
L’uso dei social da parte dei bambini: la prospettiva degli esperti
Claudia Caramanna ha messo in evidenza i rischi associati all’uso precoce dei social network da parte dei minori, sottolineando che gli studi internazionali raccomandano di limitare l’esposizione alla tecnologia e alla televisione, specialmente nei bambini di età inferiore ai due anni. Tuttavia, nonostante queste raccomandazioni, molte famiglie si trovano a consegnare dispositivi come smartphone ai bambini senza una reale consapevolezza dei rischi collegati. Secondo Caramanna, ciò porta a una dipendenza dai social media, un fenomeno che potrebbe avere conseguenze gravi nel lungo termine per la salute mentale dei giovani.
Il procuratore ha chiarito che la generazione attuale di bambini e adolescenti vive un’esperienza complessa, con sfide che riguardano non solo l’accesso alla tecnologia, ma anche il modo in cui questa influisce sulle relazioni interpersonali e sul benessere psicologico. La crescente prevalenza dei social media può portare a un’esperienza di isolamento per i bambini, che iniziano a ricercare approvazione e validazione attraverso “like” e “follower“, distaccandosi così dalle relazioni reali e significative.
La cultura della dipendenza: tra social e altre forme di isolamento
Caramanna ha descritto il legame esistente tra l’uso eccessivo dei social media e altre forme di dipendenza, come il consumo di droghe. La causa principale di questo fenomeno sembra essere l’isolamento cui molti bambini e adolescenti sono costretti a far fronte. Le sfide sociali e culturali attuali sembrano aggravare questa situazione. Secondo il procuratore, l’apparenza e la competizione dominano il contesto sociale, lasciando ben poco spazio per l’autenticità, la vulnerabilità e la diversità.
Questo vuoto interiore viene spesso compensato dall’interazione virtuale e dai social media, che forniscono un’illusoria fonte di connessione e approvazione. L’ossessione per i social può diventare una scorciatoia per affrontare emozioni profonde e circostanze di vita difficili, portando a una spirale pericolosa di dipendenze e ricerca di gratificazione immediata.
Riforme necessarie: l’educazione come priorità
Sulle possibilità di vietare l’accesso ai social media ai minori, Caramanna ha espresso scetticismo, affermando che l’approccio più efficace è quello di operare un cambiamento culturale. Educare i bambini e gli adolescenti a sviluppare relazioni autentiche e recuperare il legame con la realtà è, secondo il procuratore, la chiave per affrontare le problematiche legate all’uso sproporzionato dei social. Incoraggiare esperienze all’aria aperta, il dialogo con i genitori e il contatto diretto con altre persone sono elementi fondamentali per garantire che i giovani non cerchino risposte nel mondo virtuale.
La sfida è complessa, ma indispensabile per il benessere delle future generazioni. La comprensione del fenomeno legato all’uso dei social dovrebbe indurre a riflessioni più ampie sulla gioventù contemporanea e sulle modalità con cui si può garantire un futuro più sano, in cui le interazioni genuine superino quelle superficiali del web. Questo è l’obiettivo fondamentale per un’educazione consapevole e responsabile in un’epoca sempre più digitalizzata e interconnessa.