La visita di Letsile Tebogo e dell’atleta ucraina Anna Ryzykova in Vaticano ha rappresentato un momento significativo, non solo per il riconoscimento sportivo, ma anche per un incontro carico di emozioni e ricordi personali. Tebogo, freschissimo campione olimpico nei 200 metri, e Ryzykova, medagliata ai Giochi di Londra, hanno chiesto benedizioni e conforto al Papa, facendo emergere il lato umano dello sport.
Un incontro significativo al Vaticano
L’incontro si è svolto durante l’udienza generale del mercoledì, una cerimonia popolare che attrae visitatori da tutto il mondo. I due atleti sono stati accolti dalla comunità di Athletica Vaticana, che promuove lo sport in ambito cristiano e sottolinea l’importanza di valori etici nello sport. In questo contesto, Tebogo ha avuto l’opportunità di esporre la sua storia e di rendere omaggio alla figura della madre, prematuramente scomparsa.
Il campione di atletica ha chiesto a Papa Francesco una speciale preghiera per la madre, Elizabeth Seratiwa, deceduta a soli 44 anni il 18 maggio scorso. Mostrando al pontefice le scarpe che indossava durante la sua vittoria olimpica, ha voluto evidenziare il legame profondo con la sua famiglia. In particolare, le scarpe portano incise le iniziali del nome della madre e la sua data di nascita, simbolo di un amore inestinguibile che continua a motivare la sua carriera sportiva.
La richiesta di benedizione di Ryzykova
Anche Anna Ryzykova ha partecipato emotivamente a questo incontro, chiedendo al Papa di benedire la sua maglietta e di unirsi a lei nella preghiera per il suo popolo ucraino, attualmente afflitto dalla guerra. La sua richiesta è rappresentativa di un sentimento comune tra gli atleti, spesso portatori di messaggi di pace e speranza, soprattutto in tempi difficili.
L’incontro non si è limitato solo a questioni sportive, ma ha accentuato la dimensione spirituale del momento. Papa Francesco, in segno di amicizia e rispetto, ha firmato le scarpe di Tebogo e la maglietta di Ryzykova. Tali gesti simbolici hanno reso l’udienza un’esperienza memorabile, permettendo agli atleti di sentire il sostegno della Chiesa e della comunità internazionale.
La storia di un atleta e il sogno per l’Africa
Tebogo ha condiviso la sua esperienza di corridore, enfatizzando il suo percorso iniziato scalzo che riflette le realtà di molti giovani atleti in Africa. “Ho iniziato a correre nel 2019 senza scarpe; un’esperienza che mi ha insegnato a superare le difficoltà,” ha dichiarato. L’atleta ha espresso il desiderio che le sue vittorie contribuiscano a mettere in luce il Botswana e, più in generale, l’intero continente africano, ponendo l’accento su come spesso gli africani vengano visti esclusivamente come atleti di lunghe distanze.
Inoltre, Tebogo ha avanzato una proposta significativa: organizzare le Olimpiadi in Africa. “Ci sarebbero culture straordinarie da scoprire,” ha affermato, sottolineando che eventi di tale portata potrebbero scaturire interesse e opportunità per i giovani atleti africani. La sua visione è chiara: lo sport deve servire come un ponte per unire le diverse culture e offrire opportunità ai ragazzi che vivono in contesti difficili.
Il ricordo della madre e un messaggio di speranza
L’atleta si è dimostrato profondamente toccato condividendo il ricordo di sua madre. Ha raccontato come, dopo la sua scomparsa, avesse inizialmente considerato di abbandonare lo sport. Tuttavia, la passione che sua madre aveva per lui e il supporto della sua famiglia gli hanno permesso di raggiungere i suoi obiettivi, culminando con la medaglia d’oro olimpica. “La mia vittoria è dedicata a mia madre,” ha affermato, riflettendo l’importanza della figura materna nella sua vita.
Evidenziando l’importanza di dare opportunità a tutti i bambini in Africa, ha esortato la comunità internazionale a prestare attenzione a quelle realtà che spesso vengono ignorate. “Ogni bambino dovrebbe avere la possibilità di sognare e realizzare i propri obiettivi, proprio come ho fatto io,” ha concluso. Il messaggio di Letsile Tebogo, quindi, non è solo quello di un atleta vincente, ma il racconto di una lotta che trascende lo sport, permeando fattori di fede, famiglia e speranza.