Un ex sacerdote, Don Michele Barone, è stato condannato a 12 anni di carcere per abusi e maltrattamenti su una tredicenne, i quali avrebbero avuto luogo all’interno di un istituto religioso nel Casertano. La vicenda, che ha attirato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, è legata anche a un’operazione di indagine avviata grazie al coraggio della sorella della vittima, che si è rivolta alla trasmissione “Le Iene“.
Don Michele Barone, ex sacerdote noto per le sue pratiche esorcistiche, è stato condannato per aver inflitto gravi violenze a una giovane tredicenne, presentando tali atti come rituali di liberazione dal demonio. Le violenze si sarebbero consumate all’interno della “Piccola Casetta di Nazareth“, un istituto religioso situato a Francolise, nel cuore del Casertano, dove si svolgevano rituali privi di autorizzazione ecclesiastica.
La sorella della vittima ha registrato conversazioni in cui Don Barone ammetteva di aver sottoposto la ragazzina a maltrattamenti, utilizzando metodi altamente coercitivi. Queste registrazioni, andate in onda in diversi servizi dell’inchiesta condotta da “Le Iene“, hanno fornito prove decisive che hanno portato alla cattura del sacerdote nel 2018. Oltre a Don Barone, anche i genitori della ragazza furono arrestati, sebbene il funzionario di polizia coinvolto fu successivamente scagionato da tutte le accuse.
La condanna di 12 anni riflette la gravità delle violazioni subite dalla giovane, che dopo le sedute di esorcismo riportava segni evidenti di abuso, sottoponendosi a un trauma emotivo significativo, come emerso durante le sue testimonianze fornite agli psicologi e ai magistrati.
Conseguente all’arresto e alla successiva condanna di Don Michele, la Chiesa ha preso misure immediate, sospendendolo sia dalla celebrazione del culto sia dall’amministrazione dei sacramenti. Questo provvedimento ha messo in evidenza la seria posizione ecclesiastica riguardo agli abusi sessuali e ai maltrattamenti, riflettendo l’impegno dell’istituzione a prendere pubblicamente le distanze da tali atti. La Chiesa ha riconosciuto le pratiche dannose svolte da Don Barone, una situazione che ha richiesto una riflessione interna sulle modalità di formazione e supervisione dei suoi membri.
Il caso ha sollevato anche interrogativi su come tali atti possano verificarsi all’interno di istituzioni religiose e quali misure siano necessarie per prevenire situazioni simili in futuro. Accanto alle azioni immediate, vi è la richiesta di una ristrutturazione globale sui protocolli di sicurezza e di supporto per le minorenni coinvolte in contesti ecclesiastici.
Dopo due anni di detenzione, Don Barone è stato rilasciato su decisione dei giudici, i quali hanno stabilito che non rappresentava un pericolo di recidiva. Questa decisione ha destato polemiche e preoccupazione, specialmente tra coloro che non hanno dimenticato le gravissime prove contro di lui.
Anche se il sacerdote è stato assolto da accuse di violenza su altre donne presso la stessa istituzione, il suo rilascio solleva interrogativi sulle tutele legali in caso di abusi su minorenni e di come vengano valutati i rischi di reiterazione dei reati. La vicenda evidenzia una problematica sociale complessa, in cui i diritti delle vittime devono essere posti al primo posto e le istituzioni devono apprendere dall’accaduto per evitare che situazioni analoghe possano ripetersi.
Importante è la voce della tredicenne, ora cresciuta, i cui racconti hanno fornito una visione chiara del dramma vissuto. Emotivamente provata, la giovane ha descritto un conflitto interno tra disprezzo e un apparente sollievo dopo le sedute di esorcismo. È essenziale dare spazio a storie come la sua, affinché altre potenziali vittime possano sentirsi meno isolate e più forti nel denunciare abusi simili.
La sua esperienza ha messo in luce i pericoli che si nascondono dietro pratiche occulto-religiose non regolamentate, informando la comunità sulla necessità di proteggere i minori da simili situazioni. La sua testimonianza continua a essere cruciale nel contesto della lotta contro gli abusi e nella promozione di una cultura della denuncia e della trasparenza.