Nel mondo attuale, la digitale e la tecnologia sono parte integrante delle nostre vite, con un numero sorprendente di individui che possiedono telefoni mobili. Tuttavia, solo una piccola frazione di queste persone ha la capacità di comprendere e programmare i codici che governano questi strumenti. Durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2024-2025 dell’Università Luiss Guido Carli, Padre Paolo Benanti, presidente della Commissione AI presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, ha sollevato un punto cruciale riguardo alla differenza tra chi può utilizzare realmente la tecnologia e chi ne è escluso. L’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare una soluzione a questa disparità, promettendo di offrire a un pubblico più ampio la possibilità di interagire con i propri dispositivi.
La disparità nell’accesso alla tecnologia
Attualmente, la popolazione mondiale conta circa 8 miliardi di persone, di cui oltre 6 miliardi possiedono un telefono mobile. Tuttavia, solo 27 milioni di individui hanno competenze di programmazione, che li mettono in grado di interagire attivamente con il codice. Questo scenario evidenzia una significativa disuguaglianza: il 99,65% della popolazione è, in sostanza, escluso da una competenza che diventa fondamentale nell’era digitale. La mancanza di accesso al codice non solo limita le opportunità individuali, ma alimenta anche una divisione tra coloro che possono trarre vantaggio dalla tecnologia e quelli che ne rimangono isolati.
Questa situazione è particolarmente preoccupante in un mondo che avanza rapidamente verso una sempre maggiore digitalizzazione, dove l’abilità di comprendere e sfruttare i dispositivi tecnologici è cruciale. Questa disuguaglianza non è da sottovalutare, poiché le competenze digitali si stanno trasformando in una sorta di diritto di cittadinanza all’interno dell’ecosistema contemporaneo, dove il sapere come utilizzare efficacemente queste tecnologie diventa essenziale.
L’IA come interfaccia democratizzante
L’intelligenza artificiale si propone di rimuovere le barriere linguistiche legate alla programmazione, configurandosi come un’interfaccia che permette a tutti di accedere al mondo digitale. Padre Paolo Benanti ha affermato che l’IA può trasformarsi in una vera e propria porta d’accesso, donando competenze ad una vasta gamma di utenti. Questo cambiamento rappresenta una svolta fondamentale: la tecnologia non dovrebbe più essere riservata a pochi eletti, ma accessibile a chiunque, indipendentemente dalle proprie competenze informatiche.
Utilizzando l’intelligenza artificiale come strumento di supporto, si può generare un modello di interazione più inclusivo, dove gli individui non si limitano a utilizzare dispositivi, ma li comprendono e li controllano. Questo approccio può contribuire a ribaltare le dinamiche attuali del mercato del lavoro e della partecipazione sociale, rendendo possibile una maggiore affermazione della propria cittadinanza digitale. Le università, come sostenuto da Benanti, svolgono un ruolo cruciale per preparare le future generazioni in questo nuovo contesto, formando cittadini capaci di navigare efficacemente nel misto tra digitale e reale.
La responsabilità delle istituzioni
Un aspetto centrale della riflessione di Padre Paolo Benanti riguarda l’importanza di comprendere a fondo quali siano le nuove capacità richieste per l’azione nel contesto odierno, in particolare quelle che emergono dall’incontro tra intelligenza artificiale e attività umane. È essenziale che le istituzioni educative si interrogano su quali siano le reali potenzialità e limiti della tecnologia in modo da evitare che l’umanità perda il controllo su strumenti così potenti.
La sfida consiste nell’individuare ciò che l’intelligenza artificiale può effettivamente gestire in modo affidabile, distinguendo quanto può essere completamente automatico da quello che deve rimanere sotto il controllo umano. Solo così sarà possibile garantire un uso etico e responsabile di queste tecnologie, proponendo un futuro in cui l’innovazione non è semplicemente un privilegio, ma un’opportunità per tutti. La responsabilità di formare una nuova generazione di studenti capaci di interagire, ma anche di criticare e migliorare l’IA, ricade sulle spalle delle istituzioni, che devono agire in modo proattivo per plasmare un futuro in cui ciascuno possa avere voce e potere nel mondo digitale.