Figura di spicco nel panorama internazionale, Marco Manzo è noto per aver trasformato il tatuaggio in una vera forma d’arte. La fiera di arte moderna e contemporanea, Art Basel Miami Beach, si terrà dal 6 all’8 dicembre
Marco Manzo sbarca all’Art Basel di Miami. Il celebre tatuatore e artista italiano sarà presente alla più importante fiera di arte moderna e contemporanea del mondo, che si terrà a Miami Beach dal 6 all’8 dicembre, con anteprima riservata il 4 e 5 dicembre. L’installazione di Manzo sarà esposta presso lo stand Gruppo Start, offrendo al pubblico una nuova occasione per ammirare il suo lavoro, che fonde virtuosismo artistico e innovazione stilistica.
Chi è Marco Manzo
Manzo, figura di spicco nel panorama internazionale, è noto per aver trasformato il tatuaggio in una vera forma d’arte. Le sue opere sono già state protagoniste alla Biennale di Venezia, al Metropolitan Museum di New York, e persino in luoghi inaspettati come la chiesa dei Miracoli a Roma. Visual artist, scultore e designer, è il precursore dello stile “ornamentale”, una cifra stilistica unica che trae ispirazione da tradizioni tessili, mandala, chandelier vittoriani e architetture barocche, come quelle di Noto. Attraverso il suo lavoro, Manzo veste il corpo umano con eleganza, creando opere che uniscono passato e modernità in una nuova forma di riconoscibilità artistica.
La nuova avventura americana è stata presentata il 20 novembre presso la sede della Stampa Estera a Roma. «La mia è un po’ una missione», ha dichiarato Manzo. «Vengo da un periodo in cui dire di essere tatuatore significava essere giudicati. Ho cercato di elevare questa professione, portando il tatuaggio a dialogare con le altre arti. Ancora oggi persistono pregiudizi: in alcuni ambienti lavorativi, mostrare un tatuaggio è ancora tabù. Io invece creo opere discrete, intime, che raccontano storie personali, emozioni o ricordi profondi».
Quest’anno Manzo ha segnato un’altra tappa importante esponendo le sue opere nella chiesa di Santa Maria dei Miracoli in Piazza del Popolo, a Roma. Tra queste, una croce monumentale di quattro metri e una Maddalena “pacificata”, raffigurata con la schiena scoperta e tatuata. «L’installazione dialoga perfettamente con l’architettura della chiesa», ha affermato Marco Staffolani, vicedirettore dell’Ufficio Cultura del Vicariato di Roma. «La sensibilità verso la sofferenza e il richiamo alla croce gloriosa offrono spunti di preghiera e riflessione, specialmente in vista del Giubileo». Secondo Daniele Radini Tedeschi, critico d’arte, «Grazie allo stile ornamentale di Manzo, nasce un nuovo alfabeto visivo, persino tridimensionale. Le sue opere, che integrano elementi grafici e radiografici, creano un ‘testamento naturale’ che colloca il corpo umano al centro dell’arte contemporanea, aprendo nuove prospettive di significato».
La dichiarazione di Marco Staffolani, vicedirettore dell’Ufficio Cultura del Vicariato di Roma
“La Chiesa è amica dell’arte e non le ripugna nessuna forma estetica autentica, neppure il tatuaggio”, così si era già espresso a suo tempo il direttore dell’Ufficio Cultura del Vicariato di Roma, Mons. Giuseppe Lorizio, in merito all’installazione delle opere di Marco Manzo presso la Chiesa di S. Maria dei Miracoli.
Si trovano qui disposte a raggiera, lungo il perimetro della cappella, le famose mani che furono già esposte nell’opera complessiva “El muro del silencio”. Qui le stesse mani scultoree, ricordiamolo, femminili e maschili, non trasbordano più come nell’originale, dal muro di silenzio di chi non partecipa alla sofferenza dell’umanità, ma piuttosto escono, e quasi si raddoppiano, essendo posizionate su pareti a specchio.
Sulla superficie dello specchio, il silenzio è metaforicamente rotto dalla parola di Dio, in particolare attraverso la scrittura di versetti salmici scelti per trasformare la scultura in una preghiera di supplica di intervento e protezione a Dio nei contesti di violenza, o di celebrazione della Sua grandezza attraverso la fragilità e la delicatezza delle mani umane.
L’ulteriore sviluppo della nuova installazione si trova nell’opera centrale, la “Maddalena pacificata”, in cui la prima annunciatrice della risurrezione, si ritrova non solo sdraiata, ma tranquilla e in completo riposo, sotto la vittoria della croce gloriosa.
Il tatuaggio ornamentale già presente nelle mani, viene da Manzo proposto anche sul corpo della Maddalena, ma in maniera discreta, mentre trova il suo apice di grandezza nella sovrastante croce gloriosa.
La struttura della croce è doppia: una parte piccola, solida e piena, con incastonata al centro una gemma rossa. E poi il solito motivo geometrico che ne amplifica i confini, raddoppiandone di fatto la superficie.
Il tema del tatuaggio a motivo geometrico è così presente ovunque, ma rimane sempre discreto, appunto ornamentale, quasi come una trama ordinata, o meglio un tessuto ordito che più che coprire, lascia trasparire una dimensione comune più grande. Così l’opera complessiva, mani, Maddalena e Croce, sembra essere una celebrazione della dignità dell’umano, sia quando l’uomo e la donna ne sono consapevoli ma anche quando cercando di sfigurare tale dignità con un cattivo comportamento.
Una particolare menzione va fatta per il colore bianco, anch’esso presente ovunque, che può a questo punto essere visto come colore della croce trasformata in risurrezione, della vittoria dell’umano e del divino sulla morte, o meglio su ogni tentativo di far morire l’umano.
Il tatuaggio ha come funzione primaria in questo caso celebrare un’appartenenza. Riprendo a questo proposito alcune parole dell’autore sul suo manifesto del tatuaggio ORNAMENTALE in cui cerca di spiegare cosa lui voglia raggiungere:
“L’intervento sul corpo umano [con il tatuaggio] non deve dimenticare la sacralità dell’essere alle volte perduta in cambio di mode occasionali o vacuo stile di vita. La concretizzazione di questo stile [di tatuaggio ornamentale] nasce da presupposti imprescindibili dei quali mi sono riappropriato dal corso della storia: i miei progetti non sono numeri ma persone con le loro peculiarità, con menti pensanti e il tatuaggio segna un momento fondamentale della loro vita”.
Se di momenti fondamentali si tratta, allora, l’installazione completa, di mani, Maddalena e croce, unisce tra loro la sofferenza di molti e molte, magari anonimi, e la risposta che vanno cercando alla loro sofferenza. Tale risposta a questa sofferenza, al suo perché, per il credente è una risposta definitiva, che si concretizza anche nell’esempio della Maddalena.
In quest’ottica, la Maddalena fa una scelta. Sceglie di essere liberata, di appartenere a qualcuno. Di appartenere a Colui che vede morire sulla croce, ma anche risorgere dal sepolcro.
Quella croce gloriosa, che rimane sospesa verso il cielo, non fa più paura come la croce di legno piantata a terra, che al tempo fu inventata per atroci supplizi. La croce non ha più venature di legno, ma è paradossalmente tatualmente ornata d’umano, trasfigurata perché porta i segni dell’umano, è diventata degna di essere strumento di redenzione, albero di vita, dopo che il corpo del Cristo vi è stato appeso e deposto. Non è più la stessa croce. È la croce di Cristo, è una croce gloriosa.
Nell’installazione allora tutte le mani disposte come a cerchio guardano verso il centro, il riposo della Maddalena. Guardano ai suoi ornamenti che sono uguali agli ornamenti della croce gloriosa. Guardano una possibile fine alla sofferenza. Guardano all’esperienza della croce che non sfigura, ma trasfigura.”