Nel corso degli anni, le piazze italiane hanno visto una ritrovata mobilitazione sociale, in particolare tra i giovani, che si ritrovano a manifestare per i propri diritti e per una società più giusta. Mario Capanna, icona della contestazione studentesca del ’68, offre una nuova prospettiva sulle forme di protesta contemporanea, sottolineando l’importanza di un dialogo costruttivo tra manifestanti e forze dell’Ordine, e l’esigenza di un’educazione civica reciproca per evitare la violenza in piazza. Rievocando i ricordi di proteste storiche, Capanna invita a guardare al presente con una maggiore consapevolezza e responsabilità.
Il 7 dicembre 1968 è una data che segna un punto di svolta nella storia delle manifestazioni in Italia. Mario Capanna ricorda quel giorno con emozione: “Noi rompemmo il ghiaccio”, afferma, tirando in ballo le immagini di giovani che protestavano contro le disuguaglianze sociali mentre il prestigioso Teatro alla Scala accoglieva spettatori in abiti eleganti. Il lancio di uova e cachi, come strumento di protesta contro una classe sociale percepita come distante e privilegiata, segna un momento storico che ha ispirato generazioni successive. Capanna sottolinea con soddisfazione come la piazza fosse gremita di agenti delle forze dell’Ordine, che avevano il compito di contenere la contestazione. “Furono colti di sorpresa”, riflette, mettendo in luce la strategia dei manifestanti di affrontare direttamente i poliziotti. “Facevamo comizi volanti ai cordoni di poliziotti e carabinieri”, racconta, un gesto audace che mostrava la volontà di comunicare e non solo di protestare.
Durante il tumulto di quella giornata, Capanna ricorda l’incontro con un poliziotto, un momento che evidenziava la vulnerabilità umana oltre la divisa. L’emozione del giovane agente, con le lacrime che gli scendevano sulle guance, colpisce Capanna, che lo abbraccia in un gesto di solidarietà. Il poliziotto rivela la sua origine, proveniente da Lentini, un paesino della Sicilia, facendo emergere un legame comune anche tra le parti in conflitto. La storia del poliziotto, come quella di molti altri, fa sorgere domande sulle condizioni sociali dei membri delle forze dell’Ordine, spesso provenienti da contesti svantaggiati e costretti a mantenere l’ordine per difendere gli interessi di una società che non sempre tiene conto delle loro difficoltà.
Il contesto della protesta del ’68 è profondamente legato alle ingiustizie sociali e alle lotte degli agricoltori siciliani. Il ricordo dell’assassinio di due braccianti ad Avola, avvenuto pochi giorni prima della contestazione alla Scala, amplifica il significato di quella giornata. “Furono sparati con raffiche di mitra”, ricorda Capanna, riflettendo sulla brutalità della repressione. La frase provocatoria “I braccianti di Avola vi augurano buon divertimento” rientra tra le proteste simboliche che univano il Nord e il Sud nel segno della lotta per la giustizia. “Il messaggio era chiaro”, insiste Capanna, evidenziando l’ingiustizia delle differenze sociali e il diritto a una vita dignitosa per tutti, indipendentemente dal contesto socioeconomico di appartenenza.
Oggi, Mario Capanna invita i giovani a prendere parte attiva alle lotte sociali, utilizzando ogni mezzo a disposizione, compresi i social media. Tuttavia, sottolinea che la presenza fisica nelle manifestazioni è fondamentale per far sentire la propria voce. “Metterci la faccia, non nascondersi è essenziale”, afferma, esprimendo l’importanza di assumersi responsabilità individuali e collettive nelle battaglie per i diritti. Egli sottolinea anche l’importanza di un dialogo costruttivo tra manifestanti e polizia, descrivendo le forze dell’Ordine non come nemici ma come potenziali alleati in seguito a una comprensione reciproca. L’educazione civica, proposta come chiave per risolvere conflitti, rappresenta una nuova via per affrontare le sfide attuali, auspicando che le generazioni future possano portare avanti movimenti pacifici e costruttivi.