La vicenda che coinvolge Mario Eutizia, badante accusato della morte di quattro anziani, si tinge di nuovi particolari grazie alla testimonianza rilasciata di fronte al magistrato. Il furto del cellulare dell’indagato, avvenuto a Caserta, potrebbe infatti contenere elementi cruciali per comprendere appieno il suo drammatico racconto e le circostanze che lo hanno portato a confessare. I dettagli sui video e le foto presenti nel dispositivo si intrecciano con il tragico destino degli anziani con cui Eutizia ha avuto a che fare, aprendo a interrogativi inquietanti sul suo operato e sulle sue reali intenzioni.
Mario Eutizia, noto per il suo lavoro come badante, racconta di essere arrivato a Caserta da Napoli, precisamente da piazza Garibaldi. Una volta giunto nella città campana, si dirige verso la Polfer per verificare eventuali pendenze a suo carico. Qui gli agenti confermano che non ci sono problemi per lui. Successivamente, Eutizia si dirige in chiesa dove racconta di essersi addormentato su una panchina con il suo cellulare in mano. Al risveglio, il telefono e le sue pantofole risultano scomparsi. Il furto avvenuto in un luogo sacro aggiunge un elemento di tono tragico alla sua narrazione e lo spinge a riflettere sui segni del destino. “Non so nemmeno io come sono riuscito a dormire”, dichiara. Quest’episodio sembra segnare un punto di svolta per Eutizia, alimentando le sue angosce e i ripensamenti riguardo alla sua professione.
Il cellulare rubato potrebbe contenere video e foto significativi degli anziani che ha accudito. Alcuni hanno avanzato l’ipotesi, poi smentita dai difensori, che il dispositivo potesse contenere prove di riti satanici, ma Eutizia si concentra invece su come quelle immagini avrebbero potuto fornire un importante racconto della sua esperienza. “Ho video sul telefono mentre porto un anziano al bar”, afferma, evidenziando il contrasto tra il suo ruolo di badante e l’oscura accusa di responsabilità nelle morti di alcuni dei suoi assistiti. È chiaro che il cellulare rappresentava un legame tangibile con il suo passato professionale, ora perduto.
Nel suo dialogo con il magistrato, Eutizia rivela il peso insopportabile delle sue azioni: “Ero stanco di vedere la sofferenza”. Ammette di temere di poter ripetere gli atti di cui si è autoaccusato, descrivendo un impulso “a uccidere per compassione”. La sua testimonianza si trasforma in un racconto di angoscia e conflitti interiori: “Non volevo rimanere di nuovo con una persona sofferente. Questa volta non volevo andare. Avevo sempre un po’ di soldi da parte, ma ora non avevo realmente voglia di tornare al lavoro”.
Eutizia racconta anche di una vecchietta con Alzheimer, spiegando come il suo desiderio di cura si scontrasse con l’inevitabile sofferenza della malattia. Rievoca un momento personale significativo: “Il giorno del compleanno della scrittrice, ho preparato una torta. Quando ho chiamato la figlia per invitarla, mi ha detto che l’anziana non se ne sarebbe nemmeno ricordata”. Questo modo di raccontare gli ultimi momenti di vita delle sue assistite rivela il tormento e la frustrazione che ha vissuto nel suo ruolo. La sofferenza, che lui percepiva sia nei suoi pazienti che in se stesso, diventa il fulcro della sua confessione e dei suoi ripensamenti.
Durante l’interrogatorio, il magistrato interroga Eutizia su tempo e modalità lavorative. “Ho lavorato come badante per 12 o 13 anni, assistendo circa trenta pazienti”, afferma. Sottolinea che dei quattro decessi di cui è accusato, solo due risalgono a dieci anni fa. Malgrado le indagini stiano cercando di chiarire le circostanze di questi casi, rimane in sospeso la domanda su cosa possa rivelare il cellulare scomparso. Per Eutizia, quel furto rappresenta non solo la perdita di effetti personali, ma anche l’opportunità di rivelare la verità.
Concludendo la sua testimonianza, Eutizia insiste di non essere pazzo, chiedendo aiuto: “Voglio fermarmi! Non sono pazzo”. Il suo appello risuona forte e chiaro, rivelando un’urgenza di chiarire e riordinare i propri pensieri e le proprie azioni. Eutizia desidera liberarsi dal peso del suo passato, ma la scomparsa del cellulare aggrava la sua situazione, lasciando interrogativi senza risposta e un’ombra di incertezze sul suo futuro.