La vicenda giudiziaria che coinvolge Domenico Tizzano e la sua richiesta di sospensione della demolizione del suo immobile a Massa Lubrense ha suscitato interesse e preoccupazione. Il Tar Campania ha recentemente negato la sospensiva dell’ordinanza di demolizione emessa dal Comune, focalizzando l’attenzione sulle illegittimità riscontrate nella richiesta di condono dell’importante fabbricato, più che sulle difese avanzate dall’ex assessore e suo padre.
La decisione del Tar: mancanza di fumus boni iuris
Il Tar Campania, in una delibera che ha destato non poca curiosità, ha esaminato il ricorso di Domenico Tizzano con particolare scrupolosità. Nonostante le sue argomentazioni, il Tribunale ha evidenziato come il ricorso non presentasse un “fumus boni iuris” adeguato. Questo termine legale si riferisce alla mancanza di una probabile fonte di diritto che giustifichi l’azione legale. Le prove a sostegno della richiesta di sospensiva sono state scartate dal Tar, che ha fatto riferimento all’analisi delle immagini satellitari e del rilievo aerofotogrammetrico, risultati fondamentali per la decisione.
L’immobile in questione, trovato sulla particella ex 757, non rispettava i requisiti per il condono edilizio. Il Tribunale ha rilevato che non vi erano prove che suggerissero l’esistenza di tale costruzione al momento opportuno, ossia prima del 31 dicembre 1993, data limite stabilita dalla legge del 1994 per la sanatoria delle costruzioni abusive. La decisione del Tar complica ulteriormente la posizione di Tizzano, il quale aveva già ricoperto un ruolo significativo nell’amministrazione del Comune.
Il contesto legale e le accuse di abusivismo
Questa questione giuridica si inserisce in un contesto più ampio in cui la Procura di Torre Annunziata ha avviato indagini sui presunti reati edilizi legati a Domenico Tizzano e suo padre, Pasquale. A ottobre dello scorso anno, il Comune ha cominciato l’iter per la demolizione dopo che la Procura aveva messo sotto la lente d’ingrandimento la situazione. Le accuse mosse dai pubblici ministeri comprendono la lottizzazione abusiva, la realizzazione di opere senza permessi o autorizzazioni, violando norme paesaggistiche e idrogeologiche.
Secondo i funzionari della Procura, l’area in questione era completamente priva di costruzioni fino al 2007. La scrematura di questo spazio, avvenuta negli anni, avrebbe snaturato le caratteristiche originali della zona, considerevolmente alterata dalla creazione di strade e viali. La Comunanze dei beni ha poi sollevato preoccupazioni sul recarsi di una trasformazione dell’area che ora è descritta come antropizzata. L’intervento delle autorità ha evidenziato l’importanza della tutela del territorio, fondamentale per la conservazione del paesaggio locale.
La posizione di Domenico Tizzano e la sua difesa
In risposta alle accuse e alla decisione del Tar, Domenico Tizzano ha espresso la sua fermezza nel difendere l’operato suo e di suo padre, qualunque fosse il parere pubblico. Interpellato dal Corriere del Mezzogiorno, ha affermato di aver sempre operato nel rispetto della normativa vigente e di aver lavorato per il Comune in qualità di consulente, ciò che ha alimentato ulteriori polemiche riguardo a conflitti d’interesse.
Sebbene presenti nel campo dell’edilizia e per i servizi comunali da tempo, la reputazione di Tizzano è ora in gioco. Con il passare del tempo, il caso è diventato emblematico per altri cittadini riguardo al rispetto della legge edilizia e la correttezza del procedimento amministrativo. La sua situazione sta creando uno squarcio tra chi cerca di contrastare l’abusivismo edilizio e chi è accusato di violare tali normative, aumentando la tensione sociale e giuridica in una comunità già segnata da contestazioni per altri e analoghi eventi.
La questione è destinata a rimanere sotto i riflettori, e le prospettive legali di Tizzano rimangono incerte mentre il caso prosegue nelle sedi competenti.