Massimo Venosa, considerato uno dei leader del clan dei Casalesi, ha ricevuto l’autorizzazione a scontare la sua pena in regime di detenzione domiciliare per motivi di salute. La decisione è stata presa dalla Cassazione, annullando precedenti dinieghi da parte del Tribunale di Sorveglianza di Napoli. Venosa, attualmente in fase di recupero, ha una condanna definitiva di dieci anni per associazione per delinquere di stampo mafioso e altri reati, tra cui traffico di sostanze stupefacenti e estorsione.
Massimo Venosa, 47 anni e originario di San Cipriano d’Aversa, è ritenuto un personaggio centrale all’interno del gruppo criminale Schiavone-Venosa del clan dei Casalesi. La sua carriera nel crimine organizzato ha raggiunto il culmine con la condanna inflitta nel 2020, che portò alla sua detenzione per una serie di reati che vanno dall’associazione mafiosa al traffico di droga. Venosa è descritto dagli inquirenti come una figura carismatica e influente, con collegamenti non solo a Casal di Principe, ma anche in province limitrofe come Avellino e Benevento.
Tra le prove che lo collegano al clan, vi è la testimonianza di Raffaele Venosa, ex reggente del clan e ora collaboratore di giustizia, che ha identificato Massimo come un elemento chiave nella gerarchia del gruppo. Questa testimonianza ha contribuito ad affermare il suo ruolo di vertice nel traffico di stupefacenti e nelle operazioni di estorsione. La gravità dei crimini associati a Venosa ha portato a numerosi appelli e ricorsi legali nel corso degli anni, evidenziando la complessità del suo caso e delle implicazioni legali.
Il percorso legale di Massimo Venosa ha visto diverse fasi significative. Dopo la condanna del 2020, la sua situazione sanitaria ha giocato un ruolo cruciale nelle sue richieste di detenzione domiciliare. La prima volta che ottenne una parziale liberazione fu nel 2022, quando si trovava nel carcere di Sulmona. In quella occasione, il Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila concesse la scarcerazione sempre basandosi su argomenti legati alla sua salute. Tuttavia, questa decisione fu successivamente revocata dal Tribunale di Sorveglianza di Napoli, il quale evidenziò che non vi era sufficiente incompatibilità con il regime di detenzione ordinario.
Dopo aver presentato ricorso, l’avvocato Vittorio Fucci riuscì a convincere la Cassazione a riconsiderare la situazione di Venosa. Il tribunale superiore ha quindi annullato l’ordinanza di rigetto, aprendo la strada alla nuova disposizione di detenzione domiciliare. Attualmente, Massimo Venosa vive in una situazione di arresti domiciliari, che gli consentiranno di scontare il resto della sua pena nella propria abitazione, rimanendo comunque sotto monitoraggio.
La decisione della Cassazione di concedere la detenzione domiciliare a Massimo Venosa solleva interrogativi sull’impatto che questa situazione potrà avere sulla struttura del clan dei Casalesi. Se da un lato il trasferimento di un importante leader criminale a un regime di detenzione più favorevole potrebbe suggerire un indebolimento delle operazioni del clan, dall’altro gli esperti avvertono che ciò potrebbe anche rivelarsi un’occasione per riorganizzare le gerarchie interne.
Venosa, come figura di spicco del clan, continuerà a esercitare la sua influenza, pur se in un contesto diverso. La sua presenza fisica in un ambiente domestico potrebbe anche avvantaggiare le comunicazioni tra i membri rimanenti del clan, rendendo le attività illecite più flessibili e adattabili nel tempo. La situazione resta quindi monitorata da forze dell’ordine e magistratura, che vigileranno sull’eventuale utilizzo della libertà condizionale concessa per continuare attività illecite.