Un’importante operazione della Guardia di Finanza di Napoli ha portato alla chiusura di un’ampia rete di IPTV illegale, che ha operato nel capoluogo campano, offrendo accesso non autorizzato a contenuti protetti da copyright. Questa indagine ha rivelato un business fiorente, capace di generare un giro d’affari di circa 850mila euro in soli quattro anni. Con un numero considerevole di utenti, stimati in oltre 6mila persone, la rete aveva costruito un’operazione robusta e clandestina per l’accesso a film, serie TV e eventi sportivi, sollevando questioni di grande rilevanza legale e sociale.
L’azione della Guardia di Finanza è stata condotta in collaborazione con il Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche di Roma, evidenziando l’importanza della cooperazione interforze per affrontare crimini complessi. L’indagine ha avuto un’approfondita coordinazione da parte della Procura di Napoli, che ha tracciato le attività illecite della centrale. L’operazione ha portato all’arresto del promotore dell’associazione a delinquere e ha previsto misure cautelari per due complici, dimostrando l’ampiezza della rete implicata.
Attraverso 46 siti web, la rete illegale ha operato perlopiù offrendo abbonamenti a pagamento, con costi di 10 euro al mese o 80 euro all’anno. Questo modello di abbonamento ha attratto un vasto numero di utenti, che, per eludere le misure di sicurezza, spesso utilizzavano conti bancari sia italiani che esteri, oltre a criptovalute, accumulando fondi su 64 wallet digitali adesso sottoposti a sequestro. I numeri parlano chiaro: in un periodo relativamente breve, il promotore ha messo insieme un’attività redditizia, accumulando profitti consistenti mentre 6mila abbonati sono stati identificati per futuri interventi sanzionatori.
Le indagini, però, non si sono limitate al solo giro d’affari legato alla IPTV. Infatti, è emerso un secondo, inquietante aspetto dell’attività del promotore. Oltre alla pirateria informatica, lo stesso era coinvolto nella vendita di materiali di natura pedopornografica, gestendo una chat su WhatsApp per commercializzare video e immagini illegali. Durante le perquisizioni, gli agenti hanno sequestrato ben 1600 contenuti di natura pedopornografica, un ulteriore segnale della gravità delle operazioni condotte dalla centrale.
Ma non è finita qui. Nella sua abitazione è stata anche scoperta una serra indoor adibita alla coltivazione di cannabis, dotata di impianti tecnologicamente avanzati, suggerendo una progettazione accurata e un investimento significativo per la produzione di sostanze stupefacenti. L’intera operazione ha portato al sequestro di una sala server abusiva, insieme a sofisticati apparati informatici utilizzati sia per la trasmissione dei contenuti piratati che per la generazione di criptovalute, evidenziando la complessità e la multidimensionalità dell’organizzazione.
Le conseguenze legali per il promotore sono di vasta portata. Al momento, egli è attualmente detenuto in carcere, accusato di associazione a delinquere con finalità di pirateria informatica, diffusione di materiale pedopornografico e produzione di sostanze stupefacenti. Le forze dell’ordine non si fermeranno qui, e altri provvedimenti sono previsti nei confronti dei 6mila utenti identificati, i quali riceveranno sanzioni pecuniarie che variano da 150 a 5mila euro, a seconda della gravità dell’infrazione.
L’operazione della Guardia di Finanza non solo smantella un importante centro di traffico illegale, ma porta alla luce anche la necessità di un’intensificazione dei controlli e delle campagne di sensibilizzazione verso comportamenti che ledono i diritti d’autore e la sicurezza infantile. In un contesto dove la tecnologia può essere un’arma a doppio taglio, la vigilanza delle autorità diventa cruciale per garantire un uso etico e legale delle risorse digitali.