Maxirissa a Carinaro: il processo si chiude con “non luogo a procedere” per prescrizione

La sentenza emessa dal tribunale di Napoli Nord segna una fase conclusiva per il caso della maxirissa avvenuta nel 2017 in un locale notturno di Carinaro, in provincia di Caserta. Coinvolti otto giovani, molti dei quali legati a noti esponenti della criminalità organizzata, tra cui i figli di capoclan camorristi, il processo si è concluso con un verdetto determinato dalla prescrizione.

Il processo e la decisione del giudice

La richiesta della Procura e la dura realtà della prescrizione

Il processo ha avuto inizio a seguito di una violenta alterco avvenuto nel 2017 che ha coinvolto giovani di spicco della criminalità campana, compresi i figli di noti camorristi. La Procura di Napoli Nord aveva chiesto per tutti gli otto partecipanti una condanna di due anni di reclusione. Tuttavia, il giudice Giorgia Formisano, intervenuta su richiesta delle difese, ha constatato che il termine per la prescrizione breve era ormai scaduto. In particolare, il periodo di prescrizione era iniziato nel 2018, in concomitanza con l’apertura delle indagini. Pertanto, il giudice ha decretato un “non luogo a procedere” per tutti gli imputati.

I protagonisti coinvolti nella rissa

Nel dettaglio, gli otto giovani coinvolti nel processo sono Ivanhoe Schiavone, figlio del capoclan Francesco “Sandokan” Schiavone; Giuseppe Iacolare, figlio di Gaetano Iacolare, noto per il suo ruolo nell’omicidio del giornalista Giancarlo Siani; e altri sei ragazzi, tra cui Luigi Bianco, Gianluca Maiorica, Vincenzo Palumbo, Pietro Falco, Giuseppe Ventre e Cristiano Baiano. Le indagini avevano rivelato che la rissa, iniziata all’interno del locale, si era poi estesa all’esterno, nel parcheggio, causando diversi feriti, tra cui lo stesso Ivanhoe.

Dettagli sulla maxirissa e gli esiti delle indagini

La dinamica dell’incidente

Le indagini iniziali avevano puntato l’attenzione sulla violenza che ha caratterizzato l’accaduto, subito enfatizzata dai media locali. Testimoni avevano riferito che il diverbio era nato per motivi personali, e ben presto si era trasformato in una violenta rissa, con un numero significativo di partecipanti. Il fatto che fossero coinvolti giovani con legami familiari a figure di spicco della camorra ha sollevato un’ondata di preoccupazione tra i cittadini della zona, evidenziando il persistere dell’influenza della criminalità organizzata anche tra le nuove generazioni.

Le conseguenze legali della rissa

L’esito del processo rappresenta una delusione per chi sperava in una giustizia efficace, poiché la velocità con cui la prescrizione è stata applicata ai danni dei feriti ha posto interrogativi sull’efficacia del sistema legale. Nonostante le evidenti implicazioni sociali e criminologiche, la decisione del giudice evidenzia i limiti e le problematiche legate alla tempistica delle indagini penali in Italia. La pronuncia di “non luogo a procedere” per tutti gli imputati ribadisce la complessità del mondo giudiziario, e rappresenta un’inevitabile realtà per questi casi di violenza giovanile legata a contesti criminali.

La difesa e le strategie legali

L’approccio degli avvocati difensori

Il collegio difensivo, composto da avvocati di concreta esperienza legale come Pasquale Diana, Alfonso Quarto, Umberto Costanzo, Onofrio Fioretto e Paolo Caterino, ha costruito un’argomentazione solida su cui fondare la richiesta di non luogo a procedere per gli imputati. La strategia difensiva ha puntato a ribadire che la lenta evoluzione del processo avrebbe portato necessariamente alla scadenza dei termini di prescrizione, e questo ha pesato nella decisione finale del giudice. È una lezione sulla necessità di alcune riforme nel sistema giuridico, affinché simili eventi non si chiudano sempre con il medesimo esito favorevole per gli imputati coinvolti in reati di questa gravità.

Le prospettive future

La situazione legata alle indagini e ai processi per reati violenti, in particolare quelli che coinvolgono figure legate alla criminalità organizzata, rimane critica. Mentre la comunità locale attende di vedere azioni che possano garantire maggiore sicurezza e giustizia, il caso di Carinaro mette in luce le sfide cui è sottoposto il sistema legale italiano quando si muove nel delicato territorio della giustizia penale collegata alle organizzazioni mafiose.

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Redazione