L’addio di un medico del 118 dell’Asl Napoli 1 Centro segna una ferita aperta nel sistema sanitario locale. Dopo un lungo percorso di 24 anni on the road, il camice bianco ha deciso di lasciare l’incarico di dirigente medico per entrare nella medicina generale. Con un messaggio che trasmette rammarico e tristezza, il professionista sottolinea un senso di inutilità e disillusione, parlando di un passato di grande dedizione ma anche di notevoli insoddisfazioni.
Un annuncio pieno di amarezza
Il medico ha annunciato la sua decisione attraverso un commovente messaggio ai colleghi su WhatsApp, un modo per comunicare direttamente con chi ha condiviso momenti intensi e sfide quotidiane. “Lascio il 118, lascio un posto da dipendente Asl, mi licenzio”, scrive, aggiungendo che lo fa con grande dispiacere. Questa dichiarazione colpisce profondamente, evocando il punto debole di un settore sotto pressione, evidenziando “quello che non è stato, quello che non è e quello che purtroppo non sarà mai”. Le sue parole colpiscono come un pugno nello stomaco, simbolo di una realtà che non è in grado di valorizzare gli sforzi dei propri professionisti.
Il senso di amarezza è palpabile e genera una serie di interrogativi su quale futuro attenda il servizio d’emergenza. La sua esperienza, caratterizzata da momenti di grande soddisfazione, è offuscata dalla frustrazione di una mancanza di riconoscimento. Viene riportato che il medico si considerava sempre “il primo a scendere dall’ambulanza e l’ultimo a rientrare”, simbolo di un impegno costante, ma con un carico emotivo che sembra alla fine insostenibile.
I ricordi di una carriera intensa
Nel messaggio di addio, il medico non risparmia ricordi e riflessioni su quanto ha vissuto. “Ho dato tutto quello che potevo”, afferma, e racconta di come il lavoro nel 118 gli ha permesso di vivere emozioni forti e gratificanti. Tuttavia, il rovescio della medaglia è rappresentato dalle “delusioni cocenti” che ha dovuto affrontare nel corso degli anni. Questo contrasto tra esperienze positive e il peso delle difficoltà vissute genera in lui un profondo rammarico e una sensazione di impotenza.
Le parole dell’ormai ex dirigente medico sintetizzano un’emozione condivisa da molti colleghi, che si trovano a dover fronteggiare una situazione incerta e, talvolta, desolante. La sua uscita dal servizio rappresenta una significativa perdita, e la domanda su chi prenderà il suo posto rimane sollevata nell’aria. Con la sua partenza, c’è anche la preoccupazione per le nuove generazioni che potrebbero essere scoraggiate dall’entrare in un campo così impegnativo e, a volte, poco valorizzato.
Il futuro del servizio sanitario e i suoi dilemmi
Nel frattempo, Manuel Ruggiero, presidente dell’associazione Nessuno tocchi Ippocrate, commenta l’addio del medico con parole di preoccupazione. “Cosa resterà di questo 118 partenopeo? Chi, delle nuove generazioni, salirà su un’ambulanza?” sono domande che risuonano forti e chiare. La questione è rappresentativa di un sistema sanitario che fatica a trovare stabilità e supporto per i suoi operatori.
Ruggiero mette in luce i “troppi punti interrogativi in un sistema che dovrebbe dare certezze”. La situazione è complessa e il malessere percepito tra medici e operatori sanitari è un segnale allarmante. La fiducia nella sanità pubblica sta vacillando, e questo si riflette non solo nei professionisti che operano sul campo, ma anche nella percezione dell’utenza, che continua a riconoscere solo il numero del soccorso anche nei momenti di crisi.
Un appello alle istituzioni
La situazione, quindi, diventa motivo di riflessione sull’impegno delle istituzioni. Ruggiero conclude con un segnale di richiesta alle autorità: “È giusto tutto questo?”. La domanda rappresenta un grido di aiuto e un invito a prendere coscienza della necessità di apportare cambiamenti significativi nel settore. La salute della comunità dipende non solo dall’efficacia dei servizi offerti, ma anche dalla capacità di attrarre e mantenere personale qualificato, motivato e rispettato.
L’addio del medico del 118 non rappresenta solo la fine di una carriera, ma anche un campanello d’allarme per un settore che necessita di attenzione e supporto. La speranza è che le istituzioni ascoltino questi segnali e si impegnino a migliorare le condizioni lavorative e il riconoscimento del lavoro svolto, affinché il sistema sanitario possa tornare a essere un punto di riferimento per tutti.