Il caso della dottoressa Maria Laura Riggi, medico di base originaria del Sud, sta suscitando un ampio dibattito in tutta Italia dopo il suo abbandono dell’ambulatorio a Giavera del Montello, in provincia di Treviso. La professionista ha deciso di trasferire la sua attività a Volpago, motivata da gravi minacce ricevute da parte di alcuni pazienti. Questi episodi violenti e discriminatori hanno portato a una riflessione più ampia sui temi del razzismo e del rispetto nei confronti dei professionisti della salute.
Maria Laura Riggi ha affisso un cartello nella sala d’attesa del suo ex studio, dove ha espresso il suo sgomento per le minacce ricevute. Tra gli atti denunciati, la dottoressa ha riferito di essere stata inseguita da un paziente armato di una catena e di minacce di violenza fisica e chimica, come quella di essere sfregiata con l’acido. La grave escalation di intimidazioni ha portato Riggi a incontrare il sindaco locale e a presentare una denuncia formale ai carabinieri, sottolineando la necessità di affrontare direttamente la situazione.
Inoltre, il medico ha evidenziato il clima ostile in cui si è trovata a operare. “Ringrazio una parte della comunità di Giavera di Montello per non avermi mai accolta e per le minacce subite,” ha dichiarato, riportando parole allarmanti come “tu non sei di qua” e minacce di violenza. La dottoressa ha chiarito che le sue affermazioni non erano indirizzate a tutta la comunità, ma a quei singoli individui che hanno dato vita a un’atmosfera di aggressività e ostilità.
La situazione ha attirato l’attenzione dei dirigenti dell’Asl trevigiana, tra cui il direttore generale Francesco Benazzi, il quale si è espresso in favore della dottoressa, definendo inaccettabili le minacce subite. Tuttavia, Benazzi ha aggiunto che non sarebbe giusto accusare un’intera comunità per il comportamento di alcuni individui. Questa posizione ha suscitato reazioni contrastanti, dato che la dottoressa aveva specificato nel suo cartello di fare una distinzione tra i membri della comunità che l’hanno accolta e quelli che hanno agito in modo aggressivo.
In questo contesto, Benazzi ha suggerito alla dottoressa di segnalare i pazienti problematici all’ordine professionale e di prendere le misure necessarie per tutelare la sua sicurezza, ma le sue dichiarazioni sono state percepite come una minimizzazione della gravità della situazione.
In risposta alle polemiche scaturite dalla sua denuncia, la dottoressa Riggi ha ribadito che l’intento delle sue affermazioni non era quello di offendere l’intera comunità, ma di evidenziare il comportamento di una ristretta cerchia di persone che non hanno rispettato le regole sanitarie. “Sono grata alla maggior parte della comunità di Giavera che mi ha accolto calorosamente,” ha affermato, evidenziando comunque il suo impegno a continuare a lavorare per chi la sosterrà nel suo nuovo ambulatorio.
Il dramma vissuto dalla dottoressa Riggi mette in luce problematiche di discriminazione e violenza che in molti ambienti professionali possono rimanere sottovalutate. L’epilogo di questa vicenda rappresenta una chiamata all’azione sia per le istituzioni sia per i cittadini, rendendo urgente la necessità di un dialogo aperto su questi temi fondamentali, promuovendo un ambiente di lavoro sicuro per tutti i professionisti.