Migliaia di manifestanti si sono radunati in varie città italiane per opporsi al decreto sicurezza attualmente in discussione al Senato. Da Bologna a Roma, passando per Asti e Napoli, la protesta è stata caratterizzata dalla presenza di fiaccole, simbolo di resistenza e di difesa dei diritti civili. Gli organizzatori hanno dichiarato: “Portiamo la luce della resistenza sociale contro le ombre di chi vuole negare diritti e libertà,” illustrando il forte desiderio di unire le voci della società civile contro misure ritenute lesive delle libertà fondamentali.
Centinaia di persone in piazza a Roma
A Roma, la manifestazione ha preso forma in una fiaccolata organizzata dalla rete ‘A pieno regime’, che ha richiamato centinaia di manifestanti in piazza Sant’Andrea della Valle, strategicamente vicina al Senato. Tra i partecipanti si sono visti anche rappresentanti di importanti associazioni come l’Anpi, che hanno voluto manifestare la loro solidarietà in un momento così critico per la democrazia.
Il corteo, intitolato ‘Mille luci contro il buio del regime’, ha preso vita con una componente di forte impatto visivo e simbolico. Scortato dalle forze dell’ordine, i manifestanti hanno sfilato verso largo Argentina, portando un messaggio chiaro e diretto contro le politiche governative in materia di sicurezza. L’oro scopo è quello di attirare l’attenzione su un provvedimento legislativo che molti considerano come un attacco ai diritti umani e alla libertà di espressione.
La posizione di Amnesty International
Amnesty International Italia, tra le organizzazioni che hanno preso parte alla mobilitazione, ha espresso gravi preoccupazioni per le nuove misure di sicurezza previste dal decreto. In una nota, l’organizzazione ha evidenziato che il provvedimento potrebbe portare a un ulteriore inasprimento delle leggi penali, ampliando le sanzioni e criminalizzando forme di dissenso pacifico. Tra i punti più critici del decreto, secondo Amnesty, ci sono la conversione di alcune infrazioni amministrative in reati penali e l’adozione di misure preventive come i fogli di via anche in assenza di prove concrete di comportamenti violenti.
Queste misure sono percepite come un attacco diretto alle libertà fondamentali di espressione e di riunione pacifica. Amnesty ha concluso sottolineando l’urgenza di proteggere gli spazi di democrazia in un momento in cui il dissenso politico è già gravemente minacciato.
Preoccupazioni anche dall’Onu
Non solo Amnesty International, ma anche l’Onu ha espresso preoccupazione per il decreto sicurezza. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, ha citato sei Relatori Speciali delle Nazioni Unite che hanno condiviso preoccupazioni simili sul provvedimento. Noury ha affermato che sotto la maschera della “sicurezza”, il decreto cela un intento repressivo che mette a repentaglio diritti fondamentali, tra cui quello di protestare pacificamente.
Il rappresentante di Amnesty ha sottolineato che il decreto rischia di aumentare la popolazione carceraria introducendo nuovi reati e aggravanti, senza considerare le ricadute che tali misure avrebbero su cittadini vulnerabili e marginalizzati. Le affermazioni di Noury rimarcano l’urgentissima necessità di un ripensamento da parte del governo su queste proposte legislative.
Il parere della Cgil sulle norme imposte
La Cgil ha preso parte attivamente alla mobilitazione, dichiarando che il ddl sicurezza proposto dal governo è considerato “un provvedimento sbagliato e pericoloso”, in quanto sembrerebbe mancare di rispetto per i principi fondamentali sanciti dalla Costituzione. Il sindacato ha affermato che non ci sono mezze misure: è necessario ritirare immediatamente il ddl sicurezza.
Difatti, la Cgil ha ribadito l’importanza di politiche che affrontino questioni concrete come salari, sanità e istruzione, piuttosto che l’imposizione di leggi repressive. L’organizzazione ha sostenuto che la vera sicurezza possa essere costruita solo attraverso il rafforzamento dei diritti e dei servizi, anziché con misure che incentivano divisioni sociali e tensioni tra le comunità. È cruciale, secondo loro, che il governo si impegni a proteggere la libertà dei cittadini piuttosto che limitarla.