Morgan ha recentemente rilasciato alcune dichiarazioni controverse riguardo la cancellazione di Tony Effe dal concerto di Capodanno al Circo Massimo di Roma. In un’intervista all’Adnkronos, l’artista ha messo in discussione la rilevanza della presenza di Tony Effe, affermando che la sua assenza non ha impatti significativi. L’artista ha colto l’occasione per esprimere anche sentimenti di frustrazione verso il trattamento che ha ricevuto nel corso della sua carriera.
Il commento di Morgan sulla cancellazione di Tony Effe è diretto e pungente. “Ma chi se ne fotte di Tony Effe?” ha esclamato, chiarendo che la sua presenza o assenza non modifica la situazione. L’artista ha continuato dicendo che è importante capire cosa comporta realmente “cacciare” qualcuno che si è già affermato nel mondo della musica. Morgan ha condiviso che nel suo percorso ha subito varie cancellazioni, ammettendo di essere stato “cacciato 1000 volte” senza che ciò portasse a gravi conseguenze per gli organizzatori.
La sua opinione sembra riflettere una long-standing frustrazione per il modo in cui viene percepito il suo lavoro rispetto a colleghi come Tony Effe. Morgan ha espresso indignazione per il fatto che certi artisti riescano a ricevere supporto e attenzione che lui non ha mai avuto. La cancellazione di un artista dovrebbe essere considerata con attenzione e, per Morgan, non si tratta di censura, bensì di una questione di specificità artistica e di contenuti.
Nel prosieguo dell’intervista, Morgan non ha risparmiato critiche ai colleghi che hanno mostrato solidarietà per Tony Effe. Ha citato Jovanotti come un esempio di chi si mobilita per certi artisti ma ignora le sue battaglie. Secondo Morgan, questo comportamento è emblematico di un problema più ampio che affligge il panorama musicale italiano. “Siamo un Paese di Fantozzi” ha affermato, enfatizzando la sua delusione per quello che considera un scarso rispetto per l’arte in senso lato.
Le sue parole rivelano una profonda frustrazione verso l’industria musicale e la cultura artistica italiana. Per lui, c’è una netta disconnessione tra le sue opere e il valore che viene attribuito ad artisti affermati, nonostante la differenza di contenuti e significati. Ad esempio, ha utilizzato l’impatto delle canzoni di Elettra Lamborghini rispetto a quelle di storici cantautori come Fabrizio De André per sottolineare il divario esistente.
Morgan ha continuato a spiegare la sua posizione sull’arte e la censura: “L’arte deve essere giudicata,” ha affermato con forza, specificando che ogni opera d’arte è soggetta alla valutazione del pubblico indipendentemente dall’identità dell’artista. Per l’artista, è essenziale che un’opera venga valutata per il suo contenuto e non per la vita personale di chi la crea. Qui, ha fatto riferimento alle sue esperienze di censura, affermando di aver subito danni ingenti a causa di false narrazioni riguardo la sua persona.
Nel discutere il caso di Tony Effe, Morgan non ha mostrato benevolenza verso i suoi testi. Ha affermato che, se la qualità artistica non è all’altezza, è giusto che non ricevano visibilità. Questa posizione ha messo in evidenza i suoi standard elevati, e ha posto interrogativi su cosa significhi essere un artista nella società attuale.
Morgan ha lasciato intendere che i nuovi artisti come Tony Effe dovrebbero affrontare una “gavetta” simile alla sua, sottolineando che nessuno dovrebbe avere diritto a saltare la fase iniziale della carriera musicale. La sua frustrazione si traduce in un’esortazione ai giovani musicisti a dedicarsi seriamente all’arte e a non lamentarsi quando le cose non vanno come sperato. “Prima di essere cancellati bisogna esistere,” ha chiosato, suggerendo che il valore non si ottiene automaticamente, ma attraverso impegno e costanza.
In un paese che, secondo lui, mostra segni di arretratezza culturale, Morgan ha suggerito che i nuovi artisti dovrebbero apprezzare le opportunità già date, piuttosto che porsi in una posizione di vittimismo. La sua riproposizione di citazioni di artisti del passato rivela quanto creda in una cultura musicale più profonda e meno commerciale.