Negli ultimi mesi, Napoli ha vissuto un tragico incremento di violenza giovanile, con la morte di tre giovani per mano di minorenni armati. Questo clima di paura e sofferenza ha mobilitato la cittadinanza, portando alla luce l’urgenza di affrontare questioni quali la prevenzione e il supporto per i più giovani. Circa duemila persone hanno partecipato a una marcia organizzata dal Coordinamento Kaos, un evento che ha avuto come obiettivo quello di richiamare l’attenzione su queste problematiche e chiedere un cambio di rotta nelle politiche sociali e scolastiche.
Le vittime della violenza giovanile
Le ultime settimane hanno visto la città di Napoli colpita da un drammatico evento: l’assassinio di Emanuele Tufano , Santo Romano e Arcangelo Correra , tutte vittime di sparatorie avvenute per mano di minorenni. Questi episodi hanno non solo gettato un’ombra sulla gioventù napoletana, ma hanno anche riacceso un dibattito su come la criminalità organizzata riesca a reclutare e armare i giovani, trasformandoli in esecutori di violenze inaudite.
Le famiglie delle vittime e le associazioni del territorio hanno espresso il loro dolore e la loro rabbia, sottolineando l’urgente necessità di un intervento efficace e di una strategia di prevenzione che possa realmente tutelare i ragazzi. Il fenomeno del gangsterismo stradale è diventato sempre più evidente, segnalando una preoccupante tendenza a coinvolgere i più giovani nelle dinamiche della violenza.
Voci di cambiamento e richieste di prevenzione
Il corteo ha visto la partecipazione di moltissimi giovani, studenti e studentesse, così come di diverse associazioni locali, che hanno chiesto un radicale cambiamento nelle politiche educative e sociali. Le parole pronunciate durante la manifestazione risuonano come un grido di aiuto e di consapevolezza: “Non servono telecamere e più forze dell’ordine. Serve prevenzione nelle scuole, servono lavoro, spazi, servizi, sanità.” Queste affermazioni hanno trovato eco nelle dichiarazioni di Pasquale Leone, rappresentante dell’associazione Libera, il quale ha sottolineato i progressi fatti nel tempo con l’apertura di spazi di aggregazione, pur evidenziando che non è sufficiente.
Le affermazioni di Antonio Cesarano, padre di Genny, vittima della camorra nel 2015, hanno amplificato il messaggio: “Non possiamo più rimanere zitti.” La sua testimonianza, dopo ben nove anni dalla tragedia che ha colpito la sua famiglia, ha evidenziato il dolore persistente e la mancanza di intervenire contro questa spirale di violenza che continua a mietere giovani vite.
Richieste precise al governo e alla comunità
Durante la marcia, ha preso la parola Padre Alex Zanotelli, che ha ribadito l’importanza di un intervento educativo piuttosto che repressione. “Non vogliamo altri decreti Caivano,” ha affermato, mettendo in evidenza l’importanza di tenere le scuole aperte tutto il giorno per offrire ai ragazzi alternative valide e spazi dove potersi esprimere. Questo approccio, secondo Zanotelli, è essenziale per tenere lontani i giovani dalla violenza e dalla criminalità.
In un momento particolarmente toccante del corteo, la madre di Santo Romano ha guidato i partecipanti, esprimendo la speranza che lo Stato intervenga attivamente per garantire la sicurezza dei ragazzi. “Siamo qui in attesa che lo Stato faccia qualcosa, i ragazzi sono stanchi di uscire e di rischiare di non tornare a casa,” ha detto, rappresentando il sentimento di angoscia e l’urgente richiesta di protezione da parte delle famiglie.
L’evento ha sottolineato l’importanza di una risposta collettiva e di una forte mobilitazione della società civile per affrontare il problema della violenza giovanile a Napoli, un tema che richiede un’attenzione costante e un intervento concreto affinché non si ripetano tragiche situazioni come quelle dei giorni scorsi.