Il 2, 3 e 4 dicembre arriva al cinema il documentario “Dadapolis”, diretto da Carlo Luglio e Fabio Gargano, che esplora l’anima di Napoli attraverso le voci di 60 artisti e musicisti. Presentato alle Giornate degli Autori nella sezione Confronti della 81a Mostra del Cinema di Venezia, questo progetto mette in luce le diverse sfaccettature di una città in costante trasformazione, sottolineando conflitti e contraddizioni sociali che la caratterizzano.
“Dadapolis” è più di un semplice documentario; è un dialogo plurale che si propone di restituire speranza e visibilità a Napoli, una città ricca di cultura e contraddizioni. Il lavoro dei registi raccoglie le testimonianze di artisti provenienti da vari ambiti: attori come Lino Musella e Cristina Donadio, musicisti come Dario Sansone e Vale LP, e street artist come Jorit. Questi protagonisti, assieme a figure iconiche come Enzo Moscato, raccontano la loro personale esperienza della città e offrono una riflessione sulla contemporaneità partenopea.
Il documentario è una finestra aperta non solo su Napoli, ma anche su come la città si relaziona con il mondo esterno. I registi hanno scelto di esplorare sette litorali diversi, collocando performance e conversazioni in contesti che evidenziano tanto la bellezza quanto il degrado della città. Attraverso una narrazione visiva innovativa, “Dadapolis” critica l’immaginario tradizionale fornito dai media, mostrando un lato di Napoli che è spesso trascurato. La fusione di talenti diversi permette di cogliere l’essenza vibrante di una terra che continua a essere un crogiolo di creatività e innovazione, pur lottando con problemi secolari che ne minano lo sviluppo.
Fra i nomi più noti che compaiono in “Dadapolis” ci sono artisti che portano avanti un profondo dialogo con la città stessa. Molti di loro, come Peppe Lanzetta e James Senese, condividono scenari e storie che riflettono un’intensa relazione con Napoli. Non mancano anche le storie di coloro che, pur vivendo all’estero, continuano a mantenere un forte legame con le proprie radici napoletane. Queste testimonianze diventano una sorta di tessuto connettivo che unisce diversi aspetti della vita e della cultura partenopea.
Il documentario non solo omaggia figure come Enzo Moscato — scomparso di recente — e il produttore Gaetano Di Vaio, ma sottolinea anche la loro fondamentale influenza sulla scena culturale della città. Moscato è stato un innovatore nel campo della drammaturgia, mentre Di Vaio ha saputo dare voce a storie di riscatto e resilienza. La loro eredità è palpabile nel modo in cui i giovani artisti si confrontano con la realtà di Napoli, lasciando un segno indelebile che si riflette nei loro lavori.
Carlo Luglio, insieme al co-regista Fabio Gargano, ha condiviso la genesi di “Dadapolis” attraverso un’intervista che rivelava le motivazioni e le intenzioni dietro il progetto. L’idea di raccogliere un gruppo di artisti partenopei per testimoniare i cambiamenti della città si è rivelata vincente. La volontà di dar vita a una narrazione alternativa, lontana dai cliché, è diventata la principale finalità del documentario.
Luglio ha enfatizzato il valore del dialogo tra artisti di diverse generazioni e background, un aspetto fondamentale che rende il progetto unico. Le interazioni tra partecipanti, spesso provenienti da percorsi distanti e sconosciuti, hanno generato un corto circuito di esperienze che ha arricchito la narrazione.
Il regista ha anche rivolto un occhio di riguardo alle collaborazioni con i giovani artisti dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, per i quali il processo produttivo si è trasformato in un’importante esperienza formativa. Questa sinergia ha permesso di affrontare le difficoltà del progetto e di adattarsi alle varie sfide che si sono presentate, creando un clima di crescita reciproca.
La memoria di Enzo Moscato e Gaetano Di Vaio è profondamente intrecciata con la realizzazione di “Dadapolis”. Questi due artisti non solo hanno segnato la cultura napoletana, ma hanno anche ispirato le nuove generazioni a esplorare e interpretare la città in modo unico. Moscato, con la sua drammaturgia, ha lasciato un’eredità di innovazione e creatività, mentre Di Vaio ha rappresentato una figura di resilienza, testimoniando come il potere della speranza possa superare le avversità.
I registi hanno voluto rendere omaggio a entrambe le figure, riconoscendo il loro contributo alla cultura partenopea e sottolineando l’importanza della loro visione per i giovani artisti. Momentaneamente assente dalla scena, il contributo di Moscato e Di Vaio continua a essere una fonte di ispirazione che invita i nuovi talenti a continuare a raccontare e a rielaborare la realtà di Napoli, mantenendo viva la ricchezza culturale di questa singolare città.