Napoli: tensione durante il sopralluogo a un immobile confiscato alla camorra

Un grave fatto di cronaca si è svolto a Napoli giovedì mattina, quando un sopralluogo a un bene confiscato nel centro della città ha preso una piega inaspettata. L’ispezione, programmata per favorire l’affidamento di un immobile a progetti sociali, si è trasformata in un episodio di intimidazione nei confronti di operatori e volontari coinvolti, sollevando interrogativi sulla sicurezza e sull’influenza persistente della criminalità organizzata nel territorio.

l’incidente durante il sopralluogo

L’accesso all’immobile situato in Via dei Tribunali, in angolo con Via Atri, era stato organizzato nel contesto di un Avviso Pubblico promosso dal Comune di Napoli. L’obbiettivo era quello di aprire le porte di queste strutture per realizzare iniziative sociali a beneficio della collettività, dando nuova vita a beni confiscati alla criminalità. Tuttavia, durante la visita condotta da un operatore del Centro Fiamma, accompagnato da altri volontari, si è verificato un episodio di grave intimidazione.

Un individuo, qualificatosi come proprietario dell’immobile, ha minacciato i volontari, vantando esperienze carcerarie e collegamenti con clan camorristici. “Se vi presentate per richiedere il bene, ci saranno conseguenze sui vostri familiari,” avrebbe intimato. I volontari, spaventati ma resiliente, hanno immediatamente allertato le Forze dell’Ordine, portando all’identificazione del soggetto aggressivo e riportando l’attenzione sull’illegalità che persiste anche nei processi di riutilizzo sociale dei beni confiscati.

il patrimonio di barbuto e la sua storia criminale

L’immobile in questione faceva parte di un ampio patrimonio sequestrato nel 2010, stimato in oltre 10 milioni di euro e intestato a Luigi Barbuto, noto esponente del clan Giuliano. Il patrimonio includeva oltre 8 appartamenti di lusso e numerosi locali commerciali nel cuore di Napoli, un simbolo di come la criminalità organizzata possa infiltrarsi nei tessuti urbani.

Barbuto ha accumulato una lunga lista di precedenti penali, tra cui violazioni legate ad armi e droga, tentate rapine e violenze. È stato condannato a oltre 15 anni di reclusione in importanti processi contro la camorra, rendendo evidente come il suo operato abbia segnato profondamente il territorio. Questo contesto fonda le radici della resistenza da parte delle associazioni che cercano di recuperare beni sottratti alla malavita per restituirli alla comunità.

le reazioni delle istituzioni e delle associazioni

Antonio Arzillo, presidente del Centro Fiamma, ha espresso indignazione riguardo alle minacce ricevute dai suoi operatori, ribadendo che tale intimidazione non fermerà la loro missione. “Non ci faremo intimidire, continueremo a lavorare con determinazione,” ha affermato, preannunciando denunce formali e l’adesione agli organi competenti. Le parole di Arzillo sottolineano la necessità di proteggere coloro che operano per il bene della società, mentre si sforzano di riportare in luce beni destinati a progetti costruttivi.

Le espressioni di solidarietà non sono mancate. Il senatore della Lega Gianluca Cantalamessa ha condannato l’episodio, definendo grave l’intimidazione subita dai volontari. Ha inoltre evidenziato come questo attacco rappresenti un chiaro tentativo della criminalità organizzata di mantenere il controllo su territori dove le istituzioni cercano di ripristinare la legalità.

Anche Antonio Iannone, senatore di Fratelli d’Italia, ha espresso la sua preoccupazione per l’accaduto, sottolineando l’importanza del lavoro delle associazioni nella riqualificazione sociale. “La camorra è ancora attiva e pericolosa in città,” ha dichiarato, promettendo di presentare un’interrogazione parlamentare urgente al Ministro degli Interni per discutere le misure di protezione necessarie per chi opera contro l’illegalità.

la sfida contro la camorra prosegue

In un contesto dove la criminalità organizzata è ancora presente, gli eventi di giovedì mattina a Napoli rappresentano una sfida evidente per le autorità e le associazioni civili. Nonostante i tentativi di sottomissione, il desiderio di restituire beni confiscati alla società civile e di lavorare per il recupero e la riabilitazione è più forte. L’episodio mette in luce non solo le difficoltà affrontate da coloro che si oppongono alla mafia, ma anche la determinazione di continuare la lotta per un futuro migliore e più sicuro per tutti i cittadini.

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Redazione