La tradizione culinaria italiana è ricca di piatti che variano da regione a regione, specialmente durante le festività natalizie. Riviste storiche come “La Cucina Italiana” offrono uno spaccato interessante delle tavole imbandite negli anni del boom economico. Nel Natale del 1964, ad esempio, la festa si arricchiva di preparazioni a volte ostentate, ma sempre legate alla cultura gastronomica del tempo. La rivista ha riportato alla luce alcune ricette emblematiche di quell’epoca, rivelando abbinamenti sorprendenti e ingredienti di lusso.
Tra gli antipasti che colpiscono l’occhio e il palato, si distingue la gelatina di scampi. Questa preparazione, spesso erroneamente attribuita agli anni Ottanta, era già in auge durante gli anni ’60. La gelatina, in genere servita con una cornice di uova sode, rappresenta una ricetta tipica di quel periodo, caratterizzato da un’influenza che anelava al rinnovamento e alla modernità. Il pesce aspic era un modo per impressionare gli ospiti e portare in tavola un piatto che sembrava sofisticato.
Se oggi si vede una crescente passione per i “sando“, gli autentici panini giapponesi, nel 1964 gli italiani optavano per un pane in cassetta, farcito con salse e poi rimodellato nella sua forma originale. Questo tipo di preparazione ha mantenuto la sua popolarità e si ritrova ancora nei party e nelle celebrazioni ai giorni nostri, dimostrando come le tradizioni gastronomiche possano evolversi pur mantenendo una certa continuità.
Il primo piatto di Natale è nulla meno che spettacolare: le tagliatelle in tortiera. Questo piatto si colloca a metà strada tra uno sformato e una frittata di pasta. Le tagliatelle, tipicamente preparate la domenica, venivano condite con una salsa elaborata a base di fegatini e cuori di pollo. La ricetta, dal sapore particolare, rappresentava un abbinamento insolito per l’epoca, dove il sugo di cipolla, prosciutto, burro, olio e pomodoro si amalgamava in un’esplosione di sapori.
Un altro immancabile primo piatto di Natale erano i tortellini, proposti in una versione asciutta alla panna e presentati in un nido di pasta brisée. Questa combinazione, che unisce due piatti distinti, è stata al centro di numerosi dibattiti riguardo la tradizione culinaria. Il ripieno, composto da prosciutto crudo, salsiccia, petto di pollo, uova e parmigiano, ha radici storiche significative, nonostante il tortellino “autentico” sia stato definito solo negli anni successivi.
Non può mancare in un menù natalizio un volatile farcito. Il tacchino, reperito negli archivi, si presentava in una ricetta necessaria laboriosa: cinque ore di preparazione con ago e filo per realizzare una farcia abbondante di marroni, salsiccia, pancetta, mortadella, uova e parmigiano. Questo piatto rivelava l’abilità culinaria del tempo, un simbolo del Natale che elevava le cene da un semplice pasto a una vera e propria manifestazione di arte culinaria.
Accanto al tacchino, si gustava un filetto al forno con verdure, piatto che, pur essendo più semplice, esaltava la qualità della carne con una salsa al cognac e contorni di verdure al burro. Questo piatto, meno ostentato, metteva in risalto il valore della materia prima, un’idea che sta ritornando di moda, soprattutto oggi, con un crescente interesse per la qualità degli ingredienti.
Infine, la parte dolce del pasto serviva a chiudere in bellezza. Prima che il panettone divenisse il dolce natalizio per eccellenza, le scelte erano più varie. Una delle dolci più originali era il gelato caldo, un dessert che consisteva in una meringa con un cuore di gelato al cioccolato. Il nome potrebbe trarre in inganno; in realtà, il gelato non era caldo, poiché l’unico passaggio in forno serviva a dorare la meringa, regalando così un contrasto di temperature e consistenze.
Questa rassegna culinaria del Natale del 1964 riflette non solo le tendenze gastronomiche del momento, ma anche l’evoluzione dei gusti e delle abitudini che oggi continuano a influenzare le tavole italiane.