La stagione natalizia è tradizionalmente un momento di incontro, gioia e condivisione. Tuttavia, per molte persone, le festività possono portare un profondo senso di isolamento e nostalgia. Questo articolo esplora la vita di un uomo che vive il Natale in città, un contrasto netto con i ricordi di una giovinezza spensierata in campagna. Le voci della città, le tradizioni e i momenti di riflessione si intrecciano in un racconto di solitudine profondamente umano.
L’arrivo a casa: un momento di riflessione
Si ferma a metà del terzo piano, piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato. Raggiunge finalmente il quinto piano, entra in casa, e chiude la porta alle sue spalle. All’interno, il buio avvolge l’ambiente come un caldo abbraccio. Gli occhi spalancati fissano l’oscurità, un ritorno a un mondo di ricordi. Da bambino, quando si trovava da solo tra quelle mura, adorava spegnere tutte le luci. Si muoveva fra le stanze come se fossero abitate da sconosciuti, dando nuova vita a oggetti, mobili, e inventando storie su intriganti figure invisibili. Erano i tempi della sua infanzia in campagna, un luogo intimo e magico, caratterizzato dal sussurrare del vento tra gli alberi, in netta contrapposizione all’armonia caotica delle strade cittadine.
Nel suo attuale appartamento urbano, le voci che penetrano dalle finestre non creano lo stesso incanto. I suoni della città – urla, clacson, lamenti – non sanno di avventura. Al contrario, si amalgamano in un coro infuocato di bestemmie, inaspettatamente animate anche nella stagione delle festività. Una manovra maldestra, una precedenza negata, un parcheggio occupato: tutto, qui, sembra proporre un’atmosfera viscerale e tesa. Le bestemmie si mescolano alle voci degli auguri, ai beep dei cellulari, lì dove ci si aspettava calore e affetto.
Le voci del Natale: auguri e nostalgie
“Auguri!” si sente chiamare. “Auguri anche a lei“, risponde, ma con una distanza palpabile. Gli auguri fluiscono come un fiume in piena; “A lei e a tutta la famiglia, a tutti i suoi cari“, aggiungono gli interlocutori. Questo interscambio, un vero ritornello, sembra accendere un fuoco che in lui si fa solo cenere. In campagna, il canto dei cani che ululavano al vento portava con sé un senso di inquietudine, ma non paura. Qui, in questo appartamento cittadino, si insinua nella mente un pensiero oppressivo.
“Nella notte di Natale, io ho paura.” Si abbandona sul divano, nella penombra, consapevole che questo appuntamento annuale, contraddistinto da luci e festeggiamenti, è in realtà un promemoria della sua solitudine. Dalla finestra di fronte, le luci degli alberi di Natale brillano, riflettendo momenti di convivialità. Un gruppo di amici si raduna attorno a una tavola imbandita; altri, in cucina, si occupano delle prelibatezze di rito. Una giovane donna, appesa alla ringhiera, invia messaggi dal cellulare, un calice di vino bianco sorseggiato in una mano, mentre una sigaretta, con il filtro colorato da un rossetto, pende dall’altra.
Tra flash di festa e vibrazioni del cellulare con il messaggio “Ti aspettiamo“, la tentazione di unirsi agli altri perde colpi. Ignora l’invito. La realtà di una vita difficile lo riporta indietro ai ricordi di un’infanzia problematica, una consapevolezza matura affiora: Babbo Natale, da sempre convivente nei suoi sogni, era un’illusione. La realtà emerge da un confronto tra i genitori: “Non voglio sentire ragioni. Niente regali. Soldi non ce ne stanno!” Le parole del padre risuonano ancora nella sua mente, echeggiando tra le stanze del suo passato tormentato.
Ombre e magia: la festa delle emozioni
Riflettendo su chi era da piccolo, il protagonista ricorda le feste di Natale come attimi di magia, nonostante la dura verità della vita. Il passaggio dalla curva innocente della giovinezza verso la dura realtà è netto. A Natale, anche se il mondo intorno sembrava stravolto dalla guerra e dalla misery, si convinceva che in quel momento particolare serpeggiava un’aura profondamente magica. Credeva che le ombre delle persone si staccassero dai loro proprietari, per prendere una pausa dall’opprimente quotidiano. Si liberavano di qualche centimetro da terra, sufficiente per un attimo di libertà.
L’immaginazione da bambino batteva le ali, in un modo in cui riusciva a percepire un silenzio vibrante, dove tutto era possibile e la poesia del Natale si mischiava al riso e alla frenesia. Quei giorni festivi, pieni di prove gastronomiche e chiacchiere vane, caricavano ogni spigolo delle feste di un significato profondo. Ma oggi, tutto ciò sembra lontano e irraggiungibile, un ricordo offuscato dalla solitudine.
La sua bolla di pensieri viene di nuovo interrotta. “Non vengo. Auguri a tutti“, decide, premendo il pulsante per spegnere il cellulare. Rivolgere lo sguardo verso il soffitto diventa l’unico modo per cercare la propria ombra. Questo Natale non lo trascorrerà altro che in compagnia di sé stesso.