Un clima rigido e condizioni difficili hanno accolto una cordata di alpinisti italiani che ha sfidato la guglia dell’Aguja Val Biois, un’impresa ambiziosa che, sebbene non si avvicini in fama al Pilastro Goretta del Fitz Roy, ha rappresentato un’avventura impegnativa. Gli alpinisti, che hanno affrontato il freddo intenso e il maltempo, si sono preparati a una scalata non priva di ostacoli. Il gruppo era composto da tre alpinisti: il veneto Alessandro Baù, del 1981, Mirco Grasso, classe 1992, e Matteo Della Bordella, esperto alpinista che ha coordinato l’impresa.
La preparazione per la scalata dell’Aguja Val Biois richiedeva un’incredibile attenzione ai dettagli. Le tre guide italiane hanno pianificato meticolosamente il loro approccio, consapevoli della sfida che si trovavano davanti. Dopo un’impegnativa camminata di sette ore e mezza, il team ha finalmente raggiunto il ghiacciaio alla base della guglia, una zona di sosta fondamentale per prepararsi all’ascensione. Qui, hanno montato le tende, creando un campo base da dove studiare e valutare le condizioni della parete.
Un’ulteriore considerazione è stata dedicata alla scelta della linea di salita. La guglia, con le sue ripide pareti verticali, presenta passaggi tecnicamente difficili e fessure strette che richiedono notevoli abilità. Prima di intraprendere la salita, il team ha esaminato attentamente la parete, cercando di capire quale strategia sarebbe stata più efficace per affrontare le insidie che si sarebbero presentate.
L’apertura della via si è rivelata subito ostica. Nonostante l’esperienza, i tre alpinisti hanno incontrato diverse difficoltà nei primi tiri, costretti a cimentarsi in passaggi di artificiale e a mettere alla prova la loro resistenza. Ogni metro guadagnato sulla parete ha richiesto una combinazione di abilità tecnica e resistenza fisica, sfidando i limiti della squadra.
Durante la scalata, la situazione si è complicata ulteriormente a causa delle deteriorate condizioni meteorologiche. I forti venti e il freddo intenso hanno reso la salita ancora più impegnativa e pericolosa. Con l’avvicinarsi di un cambiamento negativo nelle condizioni atmosferiche, il gruppo si è trovato costretto a prendere una decisione difficile. Raggiungere la vetta dell’Aguja Val Biois, che inizialmente sembrava una meta raggiungibile, è stato messo in discussione quando la sicurezza è diventata una priorità.
Con il maltempo incombente, l’unità e il buon senso hanno prevalso sulle ambizioni. Usciti in cresta, i tre alpinisti hanno optato per la prudenza, decidendo di rinunciare alla vetta. Questa scelta, sebbene difficile, è stata segnata da un alto grado di responsabilità e consapevolezza dei rischi associati all’alpinismo in condizioni estreme. Il team si è riunito per una valutazione finale, comprendendo l’importanza di tornare in sicurezza piuttosto che rischiare l’incolumità per un traguardo potenzialmente irraggiungibile sotto quelle circostanze.
Questa impresa dimostra che l’alpinismo non è solo un test di abilità fisica, ma anche un esercizio di strategia, intuizione e rispetto per la natura. I tre alpinisti italiani hanno quindi scelto di preservare la vita e garantire il rientro, segnando un altro capitolo avvincente delle loro avventure montane, nonostante l’assenza di un vertice conquistato.