La vicenda dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. continua a destare interesse tra studiosi e appassionati di storia. Un recente studio ha riaperto il dibattito sulla data esatta di questo evento catastrofico, tradizionalmente fissato al 24 agosto, ma oggetto di nuove ipotesi in seguito a scoperte archeologiche. A seguito di un’iscrizione rinvenuta nel 2018, si era arrivati a considerare il 17 ottobre come data possibile dell’eruzione, ma le ultime ricerche sembrano riportare tutto a agosto.
La scoperta del carboncino e le nuove ipotesi
Nel 2018, un’iscrizione in carboncino trovata in uno dei nuovi scavi del Regio V a Pompei aveva sollevato interrogativi sul momento in cui si verificò l’eruzione. Questo segno storico portava a considerare il 17 ottobre come la data dell’eruzione, spostando l’attenzione sull’autunno piuttosto che sull’estate. Tuttavia, recenti pubblicazioni hanno rimesso in discussione questa teoria. Un gruppo di ricercatori, pubblicando i loro risultati sull’E-journal degli Scavi, ha affermato di non avere evidenze sufficienti per escludere la tradizione che assegnava la data del 24 agosto.
Gli studiosi sottolineano come l’area mediterranea fosse già allora un “hot spot” per i cambiamenti climatici, evidenziando che il clima e le pratiche agricole variavano significativamente nel corso del tempo. Queste nuove considerazioni pongono interrogativi sulla stabilità del clima e sull’ecosistema dell’antichità, rivelando che le condizioni ambientali erano in costante evoluzione, con effetti evidenti sulle coltivazioni e le tecniche agricole utilizzate dai romani.
La prospettiva di Gabriel Zuchtriegel
Gabriel Zuchtriegel, direttore degli Scavi di Pompei e tra gli autori della ricerca, ha messo in luce un importante materiale: “Non possiamo escludere che l’eruzione sia avvenuta il 24 agosto, come già riportato da Plinio il Giovane”. Le sue osservazioni mettono in evidenza la necessità di interrogarsi su cosa significherebbe confermare questa data storica, suggerendo una rivalutazione della tradizione letteraria.
Zuchtriegel ha evidenziato che, nonostante si sia ritenuto che le fonti antiche sulla tradizione agricola fossero confusionarie, in realtà mostrano una complessità e un dettaglio che meritano attenzione. Il clima che circondava Pompei era soggetto a cambiamenti persino nei tempi antichi, anche se in modo più graduale rispetto ai ritmi attuali. Queste dinamiche testimoniano l’intensa interazione tra la presenza umana e l’ambiente, rendendo Pompei un importante campo di studio per comprendere come gli antichi gestivano le loro risorse.
Riflessioni su biodiversità e pratiche agricole
Il recente lavoro di ricerca non si limita a riesaminare la data dell’eruzione, ma estende anche il raggio d’azione a questioni più ampie riguardanti la biodiversità e le pratiche agricole dell’epoca. Zuchtriegel puntualizza che la varietà di coltivazioni e tradizioni locali dell’antichità va ben oltre ciò che è stato annotato dai teorici antichi. Oggi, veniamo a conoscenza di una complessità richiedente un’esplorazione profonda delle pratiche agricole, esaminando le interazioni tra varietà di piante e tecniche di coltivazione.
In questo contesto, il contributo di Zuchtriegel e del suo team è diretto a stimolare ulteriori discussioni e ricerche nel settore, aprendo nuove prospettive per futuri studi sull’agricoltura, ecosistemi e la storia culturale di Pompei. La loro analisi è solo l’inizio di un dialogo che invita studiosi e storici a riconsiderare elementi chiave della storia romana attraverso una lente nuova e più articolata.