Grazie a un’importante ricerca condotta dall’Università di Harvard e dall’Università di Firenze, emergono nuovi dati che sfidano le convinzioni storiche su Pompei. I risultati, pubblicati sulla rivista Current Biology, mostrano una realtà sorprendente rispetto all’identità degli abitanti di Pompei, conservati nei calchi di gesso sepolti dalle ceneri e dalla lava dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. La scoperta del materiale genetico per la prima volta fornisce spunti per una comprensione più profonda e sfumata della multietnicità presente nell’antica città.
Lo studio rappresenta una svolta fondamentale nella ricerca archeologica, come attestato dall’antropologo David Caramelli dell’Università di Firenze. Per secoli, le indagini sui calchi di Pompei si sono basate principalmente su deduzioni storiche e interpretazioni visive. La possibilità di analizzare il Dna ha permesso ai ricercatori di ottenere dati biologici concreti, trasformando la nostra comprensione delle relazioni tra gli individui ritrovati. Questo è il primo esempio di estrazione di materiale genetico dai calchi di gesso, aprendo a nuove metodologie di ricerca nel campo archeologico.
I risultati del team scientifico, guidato da David Reich, sono stupefacenti e rivelano la complessità delle dinamiche sociali e familiari in una delle città più studiate del mondo antico. L’analisi genetica ha evidenziato che individui che un tempo si credeva fossero legati da vincoli familiari o parentali, in realtà non avevano alcuna connessione biologica.
Uno degli aspetti più sorprendentemente rivelatori dello studio è l’osservazione che molte delle coppie pensate come legami familiari non sono tali. Ad esempio, un adulto con un bracciale d’oro che sembrava proteggere un bambino, in realtà, consiste di due uomini non imparentati. Allo stesso modo, due individui precedentemente identificati come sorelle o madre e figlia, sono stati rivelati essere anch’essi maschi senza alcun legame di parentela.
Queste scoperte inducono a una riflessione profonda sulla condizione sociale di Pompei al momento dell’eruzione. L’apprendimento che molti degli individui che hanno condiviso gli ultimi istanti di vita lo abbiano fatto per pura coincidenza piuttosto che per legami familiari accenna a uno scenario di convivenza e di solidarietà in un contesto di emergenza.
L’analisi genetica ha anche fornito spunti sulla diversità etnica degli abitanti di Pompei. I dati ottenuti indicano che gli individui esaminati risultano discendere principalmente da recenti immigrati provenienti dal Mediterraneo orientale. Questo aspetto sottolinea non solo la varietà culturale della città, ma anche il suo cosmopolitismo, un aspetto cruciale dell’Impero Romano.
Pompei, tradizionalmente vista come una città omogenea e rappresentativa di una specifica cultura, emerge quindi come un microcosmo in cui si fondono identità diverse. Gli scambi culturali, le interazioni tra comunità e la presenza di individui provenienti da regioni lontane delineano un quadro di vita quotidiana ricca e variegata, contrariamente a quanto ipotizzato in precedenza.
I risultati di questo studio non solo rivoluzionano la nostra comprensione di Pompei, ma pongono anche interrogativi importanti su come l’interpretazione dei reperti archeologici possa evolversi con l’avvento di nuove tecnologie, aprendo la strada a una visione più inclusiva e complessa della storia umana.