Nuovo decreto d’urgenza del Tar contro la Giunta regionale: il futuro della caccia incerto

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Un recente sviluppo legale ha visto il Tribunale amministrativo regionale intervenire nuovamente in merito al calendario venatorio 2024/25. A seguito del ricorso presentato da diverse associazioni ambientaliste, i giudici amministrativi hanno emesso un nuovo decreto d’urgenza, fermando le decisioni della Giunta regionale riguardanti la preapertura della caccia in diverse aree.

Il contesto del provvedimento del Tar

Le aree interessate dal provvedimento

Il provvedimento del Tar riguarda alcune aree sensibili della Regione, tra cui la PINETA DELLA FOCE DEL GARIGLIANO, il VULCANO DI ROCCAMONFINA, il FIUME GARIGLIANO, il MASSICCIO DEL TABURNO, CAMPODAURRO e la DORSALE DEI MONTI DEL PARTENIO. Questi luoghi sono noti non solo per la loro biodiversità e il loro ruolo ecologico, ma anche per l’importanza che rivestono nella cultura e nella tradizione venatoria locale. Le associazioni ambientaliste, sostenute da esperti legali, hanno contestato le recenti decisioni della Giunta regionale, ritenendole dannose per l’ambiente e in contrasto con le normative vigenti.

Un’udienza imminente

Il ricorso, presentato dalle associazioni, sarà discusso in udienza collegiale il prossimo 8 ottobre in camera di consiglio. Questa udienza rappresenta un passo cruciale, poiché potrebbe definitivamente chiarire le posizioni legali riguardanti le attività venatorie nelle aree contestate. Le associazioni ambientaliste sperano di ottenere una sospensione definitiva della preapertura, ritenendo che questo possa garantire una più efficace tutela delle specie animali e degli ecosistemi presenti.

La reazione della Giunta regionale

Modifiche al calendario venatorio

Dopo il primo intervento del Tar, avvenuto a fine agosto, la GIUNTA REGIONALE ha tentato di rispondere alle critiche apportando modifiche al calendario venatorio 2024/25. L’obiettivo era quello di consentire la preapertura della caccia in specifici giorni—7, 8 e 11 settembre 2024—limitata a determinate specie come la CORNACCHIA GRIGIA, la GAZZA, la GHIANDAIA e il COLOMBACCIO, permettendo solo la modalità di caccia da appostamento. Questo cambiamento è stato visto da molti come un tentativo di venire incontro alle pressioni esercitate dagli ambientalisti, sebbene le critiche persistano riguardo alla sostenibilità di queste scelte.

Le motivazioni degli ambientalisti

Le associazioni ambientaliste sostengono che tali misure non siano sufficienti a proteggere l’ecosistema, e mettono in evidenza come la caccia possa avere impatti duraturi e deleteri sulle popolazioni faunistiche. A loro avviso, decisioni come quelle della Giunta regionale potrebbero compromettere il ripristino di alcune specie, già a rischio a causa delle attività venatorie e di altre forme di sfruttamento ambientale. Questo ha portato a un crescente dibattito pubblico e a una mobilitazione che continua a sollecitare una gestione sostenibile delle risorse naturali.

Il futuro delle pratiche venatorie nella Regione è ora appeso al verdetto del Tar, che dovrà bilanciare le esigenze di sviluppo territoriale e tutela dell’ambiente, in un contesto sempre più influenzato dalle richieste di sostenibilità ecologica.

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