Nemmeno quest’anno mancherà! Il famoso capitone non può non esserci, e sicuramente incomincerai a mangiarlo anche tu.
Napoli si avvicina al Natale e ci si comincia a preparare a quelli che ormai sono diventati un simbolo delle feste: il cenone con amici e familiari, o meglio i cenoni, visto che tra la Vigilia e Capodanno ci si riunirà più di una volta a festeggiare e, naturalmente, a gustare squisiti bocconi.
Ma cosa si mangia alla Vigilia? I piatti sono tantissimi ed ogni famiglia personalizza i cenoni, ma un piatto che non può mancare mai è il capitone, simbolo del cenone della Vigilia di Natale.
Inizialmente questa tradizione nacque per esorcizzare il male, poiché il capitone rappresentava il “serpente”, ma con il tempo è diventato un vero e proprio piatto tradizionale, che può essere fritto o preparato in umido.
È una tradizione secolare e la sua storia e molto particolare in quanto è antichissima e veniva preparato per delle motivazioni piuttosto valide e continuerà ad essere preparato negli anni a venire.
Tra biologia e tradizione
Il capitone non è chissà quale mostro o serpente; si tratta della femmina adulta dell’anguilla europea (Anguilla anguilla), un pesce cucinato e preparato anche in altre regioni italiane. Il corpo è allungato e serpentiforme, tanto da ricordare appunto la forma dei serpenti. La pelle è viscida perché ricoperta da uno strato di mucosa, che permette al pesce di scivolare con facilità attraverso i fondali fangosi e lo protegge dalle infezioni. Dal punto di vista nutrizionale, il capitone è relativamente grasso, contenendo fino al 30% di grassi, risultando così un pasto molto energetico. È anche una ricca fonte di omega-3 e di acidi grassi essenziali per il sistema cardiovascolare.
Nonostante sia un piatto sostanzioso, anticamente non veniva mangiato per questi scopi, ma per motivi legati alla superstizione. Le sue radici affondano nella tradizione cristiana, infatti la sua forma rappresentava il serpente tentatore che sedusse Eva nel Giardino dell’Eden. Mangiare il capitone il 24 dicembre serviva quindi per esorcizzare il male, un modo simbolico per trionfare sul male. La cottura e la preparazione erano generalmente affidate alle donne, come simbolo di redenzione da parte della Vergine Maria.
Un’antica usanza
Questa usanza, però, non è legata solo alla religione cristiana. Le radici affondano anche nella tradizione ebraica e in vari culti pagani, dove il serpente era visto sia come simbolo di malvagità che di conoscenza. Secondo alcune credenze contadine, la notte della Vigilia di Natale tutti gli animali potevano parlare tra di loro, compresi i capitoni, che avrebbero supplicato di essere risparmiati. Queste voci, secondo le leggende, potevano portare fortuna o presagire una sventura.
Il capitone, dunque, non è un serpente, ma la sua forma richiama questa figura simbolica. Il serpente è uno dei simboli più diffusi nelle varie culture e rappresenta spesso il ciclo della vita, la protezione e la rinascita. Nei culti pagani, come testimoniato anche a Pompei, il serpente era considerato una figura benevola. Tralasciando le leggende, il capitone entrò nella cucina napoletana grazie a Federico II, che amava le anguille.