In Inghilterra, la Premier League ha lanciato un’importante iniziativa a favore della comunità LGBTQI+ in occasione della 13esima e 14esima giornata del campionato. I capitani delle squadre scenderanno in campo indossando una fascia arcobaleno come simbolo di inclusività e accettazione. Tuttavia, questa iniziativa ha generato polemiche e resistenze tra alcuni giocatori, mettendo in luce il delicato equilibrio tra sport e fede.
Marc Guehi e la sua dichiarazione di fede
Marc Guehi, difensore del Crystal Palace e della nazionale inglese, è al centro della discussione dopo aver deciso di indossare la fascia arcobaleno con un messaggio personalizzato scritto a mano. Durante la partita contro il Newcastle, Guehi ha annotato sulla fascia la frase “I love Jesus”, attirando immediatamente l’attenzione della Football Association . L’organo di governo del calcio inglese ha richiamato il giocatore, sottolineando che non erano ammessi messaggi religiosi o politici che potessero ostacolare il significato della campagna Rainbow Laces.
Nonostante il richiamo della FA, Guehi ha ripetutamente ignorato la richiesta, tornando in campo con un altro messaggio, “Jesus loves you”. Questa scelta ha sollevato ulteriori polemiche riguardo l’interpretazione delle norme della FA e l’appropriato utilizzo della piattaforma sportiva per esprimere opinioni personali. Dopo la partita, l’allenatore del Crystal Palace, Oliver Glasner, ha espresso il suo supporto per Guehi, dichiarando di rispettare le sue opinioni ma sottolineando la necessità di non ingigantire la questione. Tuttavia, la FA potrebbe ora intraprendere azioni disciplinari nei confronti del difensore.
La posizione di Sam Morsy e l’opposizione alla fascia arcobaleno
Un’altra controversia è emersa durante la partita tra Ipswich e Crystal Palace, in cui il capitano dei padroni di casa, Sam Morsy, ha deciso di non indossare la fascia arcobaleno. Morsy, centrocampista di 33 anni e nazionale egiziano, ha giustificato la sua scelta con motivi religiosi. L’Egitto, paese di origine di Morsy, non riconosce i diritti LGBTQI+, e quindi la decisione del giocatore ha suscitato reazioni contrastanti.
L’Ipswich Town ha commentato la posizione del proprio capitano, affermando di rispettare la sua decisione, pur evidenziando che erano state programmate numerose iniziative per sostenere attivamente la campagna Rainbow Laces. Questo episodio ha evidenziato un altro aspetto della dialettica tra sport, fede e diritti civili, sollevando interrogativi su come le squadre e i giocatori possano confrontarsi con temi di rilevanza sociale, mantenendo al contempo il rispetto per le credenze individuali.
Il caso del Manchester United e l’assenza di giubbotti arcobaleno
La polemica non si è limitata solo a Crystal Palace e Ipswich; anche il Manchester United si è trovato coinvolto in una controversia simile. Durante un match, sebbene Bruno Fernandes abbia indossato la fascia arcobaleno, i suoi compagni di squadra hanno scelto di non indossare i giubbotti arcobaleno in solidarietà verso Noussair Mazraoui. Il terzino marocchino ha dichiarato di non voler partecipare a questa iniziativa per motivi religiosi, sollevando ulteriori domande sul significato della solidarietà sportiva.
Queste scelte hanno messo in evidenza il complesso panorama nel quale operano atleti e club, costretti a navigare tra ideali di inclusività e il rispetto delle convinzioni personali. La Premier League continua a promuovere il rispetto e l’accettazione, ma la risposta di alcuni giocatori dimostra che il cammino verso un pieno riconoscimento dei diritti LGBTQI+ all’interno del calcio è ancora lungo e tortuoso.