Processo a Tina Rispoli e Tony Colombo: 20 anni di richieste per il clan Di Lauro

Il recente inizio del processo riguardante il clan Di Lauro coinvolge Tina Rispoli, vedova del boss Gaetano Marino, e il suo attuale marito, il cantante neomelodico Tony Colombo. Nel contesto di un’ondata di arresti legati alla criminalità organizzata, la DDA ha delineato gli affari illeciti della cosca, mettendo in luce le ripercussioni legali per i due protagonisti. Con accuse pesanti, il pubblico ministero ha chiesto lunghe pene detentive, rivelando l’evoluzione del clan in un’organizzazione più imprenditoriale rispetto al passato.

Il matrimonio tra affari e crimine

Il legame matrimoniale tra Tina Rispoli e Tony Colombo è risultato ben più complesso di una semplice unione sentimentale. Rispoli, proveniente da storie familiari legate al crimine organizzato tramite il marito defunto, ha ereditato parte dei capitali del clan, contribuendo così alla sua trasformazione in una sorta di holding finanziaria. La DDA ha tracciato una linea diretta tra l’eredità mafiosa e il coinvolgimento di Colombo, il quale sembra essere stato legato a Rispoli da un contratto oneroso che lo ha costretto a vincoli personali e professionali. Questo legame è sfociato in una relazione romantica nel 2015, culminata nel matrimonio del 2019, evento che ha catalizzato l’attenzione mediatica per le cerimonie celebrative ma anche per le polemiche legate a pratiche illecite.

Le celebrazioni nuziali si sono svolte in location storiche come Piazza del Plebiscito e il Maschio Angioino, circondate da festeggiamenti che includono un concerto non autorizzato, evento che ha richiamato l’attenzione della Corte dei Conti. Nonostante un’inchiesta che ne è seguita, le risultanze sono state archiviate. Tuttavia, l’operazione che ha portato agli arresti a ottobre dello scorso anno ha riacceso l’interesse sul duplice ruolo di Rispoli e Colombo, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa.

Le accuse e le richieste di pena

Durante l’udienza di oggi presso l’aula bunker del carcere di Poggioreale, il pubblico ministero Lucio Giugliano ha avanzato richieste significative di pena per i due, chiedendo nove anni di carcere per entrambi. Oltre ai due, l’inchiesta vede coinvolto anche Vincenzo Di Lauro, presunto capo dell’organizzazione. Di Lauro, secondogenito di «Ciruzzo ‘o milionario», è sotto accusa diretta per il suo ruolo centrale all’interno del clan, con il pm che ha chiesto ben 20 anni di reclusione per lui. La richiesta di pena ha avuto eco anche nei confronti di Raffaele Rispoli, il fratello di Tina, anch’esso centrale nell’indagine.

La DDA ha delineato come il clan Di Lauro abbia recentemente rinnovato la propria immagine, modificando la sua attitudine da violenta a imprenditoriale. Questo cambiamento ha sollevato molte preoccupazioni sia a livello sociale sia legale, portando a un’analisi approfondita dei flussi di denaro e delle varie modalità attraverso cui il clan girava i propri affari illeciti, compreso il traffico di sigarette di contrabbando.

Il coinvolgimento di Colombo nel clan

Il cantante neomelodico Tony Colombo emerge come figura controversa nell’indagine. Durante i dialoghi intercettati, Colombo ha mostrato preoccupazione per il sequestro di una fabbrica di sigarette di contrabbando riconducibile al clan, affermando senza saperlo di essere monitorato: «Ho perso tutto». Questo rivela non solo il suo coinvolgimento nelle operazioni della cosca, ma anche la vulnerabilità di un artista che, nonostante la superficie luccicante dell’industria musicale, si trova intrappolato in una rete complessa di affari illeciti e legami familiari.

Il sostegno economico offerto da Rispoli al clan ha rappresentato un ulteriore elemento incriminante. Secondo la DDA, questo flusso finanziario costante sarebbe stato essenziale per il funzionamento delle attività illecite. La prossima fase del processo vedrà il collegio difensivo, rappresentato da un gruppo di avvocati di spicco, tentare di discreditare le prove a carico, mentre il pubblico ministero continua a costruire un caso che prospetta un futuro non roseo per i coinvolti.

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Filippo Grimaldi