Protesta degli studenti contro le collaborazioni accademiche con la Nato: la mobilitazione pro Palestina a Napoli

La attualità italiana è segnata da un’intensa mobilitazione degli studenti, che si oppongono alle collaborazioni tra le università e organismi militari. La protesta di oggi, organizzata dai movimenti pro Palestina, ha avuto luogo presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Federico II di Napoli. Al centro dell’iniziativa, la richiesta di stoppare le alleanze con enti legati alla guerra e alla produzione di conflitti.

La manifestazione: simboli e azioni di protesta

La protesta ha preso avvio con l’installazione di un gazebo all’ingresso della sede universitaria, in un atto simbolico che simula i checkpoint attivi in Cisgiordania e nei Territori Occupati. Striscioni, fumogeni e una presenza visibile e attiva degli studenti hanno caratterizzato il primo piano della struttura, attirando l’attenzione di passanti e media. Gli organizzatori del Movimento contro la Guerra, che comprende vari gruppi tra cui il Coordinamento dei Collettivi Universitari , hanno espresso con forza le proprie opinioni e richieste.

Questo evento si inserisce in una mobilitazione più ampia, parte di una giornata nazionale in cui simili iniziative sono in corso in diverse città italiane. Come evidenziato dai partecipanti, l’obiettivo non è solo quello di sensibilizzare, ma anche di mettere in discussione le attuali pratiche di cooperazione accademica con istituzioni militari, ritenute inaccettabili da molti studenti.

L’azione prevede anche un dibattito aperto alle 14 presso la sede dell’Orientale di Palazzo Giusso, dove la scrittrice Maya Wind discuterà il tema dei boicottaggi accademici in un incontro legato al suo libro “Torri d’avorio e d’acciaio”. Questo dialogo offrirà un contesto teorico alle motivazioni della protesta, integrando la dimensione culturale e intellettuale alle richieste più pratiche.

Il focus sui tirocini e sul legame con la Nato

Una delle principali critiche degli studenti riguarda l’accordo esistente tra l’Università Federico II e la Divisione Vittorio Veneto, nonché con il futuro comando della Divisione Multinazionale Sud della Nato. Secondo quanto affermato da Federica, una studentessa impegnata nell’organizzazione della protesta, la collaborazione prevede tirocini universitari che includono anche un rimborso spese per vitto e alloggio. Questa particolarità ha suscitato discussioni accese, poiché il legame con organismi militari viene visto come un’affermazione inaccettabile da parte di un’istituzione educativa.

L’accordo, come comunicato, scadrà nel luglio 2025 e la possibilità di disdetta dovrà essere formalmente richiesta entro gennaio. Gli studenti, quindi, pressano affinché venga interrotta questa collaborazione con entità che promuovono attività militari, sostenendo che tali alleanze confliggono con i valori di pace e giustizia sociale, che questa protesta intende difendere.

L’occupazione di aree simboliche come Porta di Massa e Palazzo Giusso non è solo un atto di contestazione, ma anche una strategia per mantenere alta l’attenzione sul tema, culminando in un’assemblea pubblica prevista per le 19 nella sede di Porta di Massa. L’aspettativa è non solo di allargare il consenso attorno ai propri principi, ma anche di stimolare un dibattito critico sui legami tra il mondo accademico e le questioni di geopolitica contemporanea.

La posizione degli studenti: un appello all’azione

La protesta degli studenti di oggi è un’evidente manifestazione di un sentimento collettivo che si oppone non solo alla guerra, ma alle strutture che la sostengono e che spesso si riflettono nel sistema educativo. Le richieste avanzate vanno oltre la semplice chiusura di accordi con organismi militari, invocano un ripensamento critico delle modalità di coinvolgimento delle università in questioni internazionali, in particolar modo quelle che toccano direttamente la vita di popolazioni in conflitto.

Gli attivisti sottolineano che l’istruzione deve porsi come fondamentale per la costruzione di una società più equa e pacifica, piuttosto che come strumento al servizio di interessi militari e geopolitici. La mobilitazione di oggi è, quindi, non solo una risposta immediata alle politiche attuali dell’università, ma anche un invito più ampio alla riflessione sul ruolo delle istituzioni educative nella promozione della pace e della giustizia sociale, segnalando la necessità di un cambiamento radicale nei rapporti tra il mondo accademico e i contesti militari.

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Filippo Grimaldi