I titolari dei chioschi situati lungo il Lungomare di Napoli hanno dato vita a una manifestazione inusuale per protestare contro la chiusura delle loro attività, in atto da oltre cinque mesi. La loro protesta ha incluso simbolicamente taralli posti in bare e un finto funerale per rappresentare la “morte del tarallo”. Questi gesti drammatici sono stati organizzati per evidenziare la grave crisi economica che molte famiglie stanno affrontando a causa della sospensione delle loro vendite. La situazione ha attirato l’attenzione del pubblico e delle autorità locali, ponendo interrogativi sulle politiche di gestione delle attività commerciali in una delle zone più iconiche della città.
Da circa cinque mesi, una ventina di chioschi che servivano snack e bevande sul Lungomare di Napoli sono rimasti chiusi. La decisione di fermare l’attività è stata imposta dalla Procura di Napoli, che ha dichiarato queste installazioni illegali in quanto non autorizzate a operare come fisse. Questo ha suscitato preoccupazioni tra i titolari, molti dei quali hanno investito anni di lavoro e risorse in queste attività. L’assenza di una risposta chiara da parte delle autorità comunali ha alimentato il malcontento, portando i proprietari a organizzare una protesta davanti a Palazzo San Giacomo, sede del governo locale.
I manifestanti denunciano di aver sempre pagato le tasse comunali e di essere stati ora etichettati come abusivi, creando una disparità rispetto a chi non rispetta le normative già esistenti. La loro richiesta principale è quella di riaprire le attività con l’impegno di rispettare tutte le normative necessarie, ma finora invece hanno ricevuto risposte che li hanno invitati a sanare le irregolarità.
L’amministrazione comunale di Napoli, sin dal principio, ha posto alcune condizioni per la riapertura dei chioschi. Le regole richiedono che ogni chiosco rispetti standard di legalità e sicurezza ambientale. È stata enfatizzata la necessità di garantire che non ci siano scarichi di rifiuti in mare e che tutte le attività siano autorizzate dai competenti organi della Soprintendenza ai Beni Culturali e dal Comune stesso. La questione della legalità delle installazioni ha sollevato un dibattito più ampio su come gestire e regolamentare il commercio al dettaglio in zone sensibili come il Lungomare, un’area di grande valore turistico e culturale.
Nonostante le rassicurazioni dell’amministrazione, che ha affermato di voler risolvere le irregolarità, i titolari dei chioschi si sentono abbandonati. La chiusura di 19 chioschi questa estate ha rappresentato un segnale forte e preoccupante, lasciando i proprietari in uno stato di precarietà economica che comincia a influenzare anche l’intera comunità locale.
Con lo sfondo di un inverno difficile, i titolari dei chioschi attendono risposte concrete. La questione si struttura attorno alla necessità di trovare un equilibrio tra le esigenze di legalità e le necessità economiche di chi ha fondato il proprio sostentamento su quelle attività. I manifestanti continuano a lanciare appelli per una soluzione veloce, auspicando di tornare a offrire il loro servizio ai cittadini e ai turisti.
La protesta con taralli nelle bare è diventata un simbolo non solo della loro lotta, ma anche della più ampia crisi legata alle piccole e medie imprese che operano in città. I timori per la stabilità economica si intrecciano con la volontà di preservare un aspetto della tradizione gastronomica napoletana, con i taralli che rappresentano un prodotto iconico. Ancora nulla è stato definito dal Comune per garantire ai chioschi un futuro che tenga conto delle necessità commerciali e delle norme di sicurezza, mentre i titolari si preparano a continuare la loro battaglia.