Una forte mobilitazione ha avuto luogo oggi a Napoli, dove circa 150 operatori socio-sanitari hanno occupato il Maschio Angioino per protestare contro la decisione dell’ASL Napoli 1 Centro di rescindere il contratto di affidamento a Gesco. Questa scelta, che avviene con un anno e mezzo di anticipo rispetto alla scadenza prevista, colpisce in modo diretto circa 300 lavoratori, mettendo a rischio la continuità dei servizi psicosociali e della medicina penitenziaria. La protesta, caratterizzata da striscioni emblematici, mira a richiamare l’attenzione sulle conseguenze drammatiche di questa decisione non solo per i lavoratori, ma anche per gli utenti vulnerabili.
La rescissione anticipata del contratto da parte dell’ASL Napoli 1 Centro ha scatenato un’ondata di protesta tra i professionisti del settore. L’accordo con Gesco, leader nel coordinamento di cooperative impegnate nella gestione di servizi per le fasce più deboli e delle cure all’interno del sistema penitenziario, aveva garantito stabilità a molti lavoratori nel corso degli anni. La notizia della rescissione ha portato in secondo piano le necessità di assistenza delle categorie più vulnerabili.
Le motivazioni espresse dalle autorità sanitarie non sono state sufficienti a placare il malcontento degli operatori, i quali sottolineano il valore cruciale del loro lavoro. Da anni, questi professionisti dedicano le loro energie a supportare pazienti affetti da malattie mentali, anziani con patologie cronicamente debilitanti e persone con disabilità. Con la rescissione del contratto, molti di loro si trovano ora in una situazione preoccupante, dovendo affrontare non solo la perdita del posto di lavoro, ma anche l’incertezza riguardante il futuro delle persone assistite.
La decisione dell’ASL ha profonde implicazioni non solo per i lavoratori, ma soprattutto per i pazienti e le loro famiglie. Le cooperative che gestiscono i servizi sociali e sanitari nel territorio giocano un ruolo essenziale nel garantire il supporto continuo a categorie fragili. Senza questi professionisti, i pazienti rischiano di trovarsi privi di punti di riferimento fondamentali, soprattutto in contesti delicati come quello della salute mentale e dell’assistenza agli anziani.
Le famiglie, già in situazioni di difficoltà, devono affrontare ora l’ulteriore carico di trovare alternative per le cure dei propri cari. La mancanza di continuità nei servizi può portare a un aggravamento delle condizioni di salute di queste persone, con un impatto negativo non solo sul benessere individuale, ma anche sulla comunità nella sua interezza. L’assenza di risorse e personale dedicato rischia di creare un vuoto in un sistema già fragile, amplificando le disuguaglianze nel settore dell’assistenza sanitaria.
Sotto il motto «Giù le mani dagli operatori sociali», la mobilitazione degli Oss rappresenta un importante passo verso la difesa dei diritti lavorativi e dei servizi essenziali. I partecipanti della protesta hanno espresso la loro determinazione a combattere contro ciò che definiscono un attacco al welfare. Con striscioni che recitano frasi forti, come «Il welfare non è un lusso» e altre frasi indicative di una crisi più profonda, questi professionisti si fanno portavoce di una situazione emergenziale che va oltre il singolo contratto di lavoro.
La necessità di un intervento tempestivo da parte delle autorità competenti è diventata sempre più urgente. Gli operatori socio-sanitari richiedono chiaramente alle istituzioni di rivedere la propria posizione e di trovare soluzioni che possano garantire stabilità sia per i lavoratori sia per gli utenti dei servizi. Per affrontare questa crisi, è fondamentale un dialogo aperto e costruttivo, in grado di valorizzare il contributo insostituibile degli operatori socio-sanitari e di garantire continuità e qualità nei servizi alla comunità.