Un episodio di cronaca nera ha scosso recentemente il mondo del calcio, coinvolgendo il calciatore David Neres. Le indagini sulla rapina subita dal giocatore hanno messo in luce dettagli inquietanti attraverso le intercettazioni telefoniche dei presunti rapinatori, rivelando come il colpo sia stato pianificato con cura. Il valore dell’orologio Patek Philippe rubato, stimato oltre 100mila euro, ha attirato l’attenzione criminale, portando a una serie di eventi che hanno portato all’arresto dei responsabili. Questa vicenda solleva interrogativi sulle misure di sicurezza a cui devono far fronte i calciatori e le celebrità, spesso oggetto di mire criminali.
La pianificazione della rapina
Gli investigatori hanno scoperto che i rapinatori, prima di agire, hanno monitorato il calciatore attraverso i suoi profili sui social media. Attratti dall’immagine di un prezioso Patek Philippe mostrato in una delle fotografie pubblicate da Neres, hanno deciso di seguirlo per verificare la presenza del calciatore nel suo minivan. La pianificazione accurata ha mostrato che i criminali non avevano preso alla leggera l’operazione, studiando minuziosamente le movenze del calciatore e attendendo il momento opportuno per agire.
Il momento decisivo dell’attacco è stato caratterizzato dalla violenza: hanno infranto il finestrino del veicolo e, con una pistola puntata all’addome di David Neres, si sono impadroniti dell’orologio. Attraverso le intercettazioni è emerso anche un clima di scherno tra i rapinatori, che si sono divertiti nel deridere la reazione spaventata del calciatore, evidenziando un atteggiamento disinibito e pericoloso.
L’arresto dei rapinatori e il coinvolgimento di un complice
Il 14 novembre, grazie a un’operazione condotta dai carabinieri, sono stati arrestati tre uomini ritenuti responsabili della rapina. Gli arrestati, identificati come Gianluca Cuomo, Giuseppe Vitale e Giuseppe Vecchio, erano già noti alle forze dell’ordine per i loro legami con il Rione Lauro. Le indagini hanno rivelato come il padre di uno dei rapinatori abbia offerto supporto logistico guidando l’automobile usata per la fuga. L’importanza della loro cattura è sottolineata dalla particolare attenzione che le autorità hanno messo su un veicolo già assoggettato a intercettazione per indagini legate al clan Iadonisi.
Le intercettazioni non solo hanno registrato i dialoghi tra i rapinatori, ma hanno evidenziato anche l’utilizzo di app di messaggistica da parte dei complici, da cui i carabinieri sono riusciti a raccogliere informazioni aggiuntive. Il coinvolgimento del genitore ha ampliato il quadro investigativo, mostrando come la criminalità spesso operi in collegamento familiare, rendendo più complessa la rete di attività illecite.
La valutazione del bottino e le reazioni dei rapinatori
Le registrazioni ambientali hanno catturato momenti di esultanza tra i rapinatori, i quali, subito dopo il colpo, stavano discutendo la natura e il valore dell’orologio rubato. Mentre controllavano le immagini del Patek Philippe su Internet, uno di loro ha esclamato: “Ci siamo sistemati!”, segno di un’attesa profonda su quanto avrebbero ricavato dalla vendita del bottino.
Le conversazioni rivelano anche una certa inesperienza iniziale riguardo al valore preciso dell’orologio. I rapinatori, accorgendosi di alcuni dettagli in più, hanno compreso di avere tra le mani un modello più costoso del previsto. La valutazione corretta dell’orologio evidenziava la loro preoccupazione di aver eseguito un lavoro non abbastanza professionale. Il dialogo sull’assenza della scritta “Tiffany & Co.”, cruciale per stabilire il valore di un orologio di lusso, mostra come il loro operato fosse influenzato da esperienze passate mai completamente abbandonate.
In questo drammatico contesto, emerge un quadro complesso che sottolinea la vulnerabilità anche dei personaggi pubblici, spesso oggetto di rapine ben congegnate, ma attivamente monitorate dalla legge.