Recentemente, Napoli è stata teatro di una rapina premeditata che ha coinvolto un giovane calciatore brasiliano, appena trasferitosi in città. Il giocatore, noto per il suo talento calcistico e per il suo orologio di lusso, è diventato il bersaglio di una banda organizzata che ha attentamente pianificato l’operazione. Questa vicenda non solo solleva preoccupazioni sulla sicurezza degli sportivi, ma mette anche in luce le modalità sempre più audaci delle azioni criminali nel capoluogo campano.
La preparazione della rapina: un colpo minuziosamente studiato
Il piano di rapina della banda, composta da tre individui del rione Lauro di Fuorigrotta, si basava su un attento monitoraggio delle abitudini del calciatore. Il gruppo ha osservato il giocatore in occasione della firma del contratto con il club partenopeo, notando il prezioso orologio indossato durante il rito ufficiale, amplificato dai numerosi scatti fotografici e riprese video. Questo dettaglio è stato determinante: il valore del pezzo, stimato in oltre centomila euro, ha reso il calciatore un obiettivo appetibile.
La scelta di colpire subito dopo la partita è stata strategica. Il minivan che trasportava Neres, a breve distanza dallo stadio Maradona e diretto verso il suo albergo in Corso Vittorio Emanuele, costituiva un’opportunità perfetta. L’operazione è scattata in via Nino Bixio, dove la banda ha affiancato il veicolo, infrangendo il finestrino e immobilizzando l’autista. I rapinatori, armati e determinati, hanno minacciato il calciatore in inglese, costringendolo a cedere il suo orologio di valore. L’uso della minaccia ha rivelato la loro audacia e la volontà di non portare esitazioni nell’esecuzione del piano.
Fuga rapida: il ruolo del complice
La fuga dei rapinatori è stata velocissima, grazie all’uso di due scooter. Tuttavia, la situazione si è complicata quando uno di loro, Gianluca Cuomo, ha ricevuto assistenza dall’esterno. Modelato dalle istituzioni locali e già noto alle forze dell’ordine, il padre di Cuomo, impiegato dell’Asìa, è stato individuato alla guida di un’auto sottoposta a intercettazione ambientale nell’ambito di indagini correlate al clan Iadonisi. Questo dettaglio ha sollevato interrogativi sulle connessioni tra crimine e lavoro legittimo, evidenziando la complessa rete di relazioni all’interno dei vari rioni di Napoli.
Le registrazioni ambientali hanno rivelato che i rapinatori si erano subito entusiasmati per il colpo. Commenti come “Qua prendiamo 120-130 mila euro” sono stati registrati a soli trenta minuti dall’evento, mettendo in risalto la spavalderia e la sottovalutazione delle conseguenze legali. La gioia per il bottino è stata accresciuta dalla consapevolezza di aver realizzato un colpo audace in una città dove le rapine a bersaglio specifico tendono a lasciare un segno profondo sulla comunità locale.
La cancellazione delle tracce e le indagini in corso
Un aspetto significativo della rapina è la successiva azione dei membri della banda per disfarsi di materiali compromettenti. Dopo il colpo, hanno abbandonato vestiti, caschi e scarpe, gettandoli in un camion dell’Asìa, parte della routine lavorativa dell’azienda e utilizzato per le pulizie in città. Questa mossa sottolinea la premeditazione dell’operazione e la coscienza della necessità di proteggersi. La complicità di un secondo dipendente dell’Asìa ha sollevato ulteriori interrogativi sulla presenza di reti criminali che si infiltrano anche nei settori pubblici.
La sorveglianza attiva, attraverso telecamere posizionate strategicamente, ha fornito alla polizia un quadro chiaro di quanto accaduto. Quando i rapinatori sono tornati nel rione Lauro, le telecamere hanno catturato immagini di due di loro senza scarpe e in calzini, come risultato diretto della loro fuga fulminea e della necessità di mascherare la propria identità. Tale livello di pianificazione e i successivi tentativi di occultamento mostrano quanto siano radicate le operazioni criminose nel tessuto sociale della città, presentando sfide complesse per le forze dell’ordine.
Il caso di rapina a Neres illumina non solo la vulnerabilità di figure pubbliche, ma anche la continua necessità di rafforzare le misure di sicurezza in aree ad alto rischio, suggerendo l’urgenza di iniziative comunitarie più ampie per combattere la criminalità organizzata a Napoli.