Il recente cambiamento nell’esecutivo italiano ha lasciato un segno indelebile sulla rappresentanza del Sud, in particolare di Napoli. Giorgia Meloni ha scelto di mantenere per sé la delega sul Mezzogiorno, suscitando dibattiti e preoccupazioni riguardo al futuro della regione e ai nuovi equilibri di rappresentanza al tavolo di Palazzo Chigi. La gestione delle politiche per il Sud avrà un impatto significativo su temi cruciali come le bonifiche, le infrastrutture e i progetti di sviluppo che coinvolgono il territorio meridionale.
La ristrutturazione del governo Meloni ha visto l’uscita di figure chiave dal panorama politico del Sud. Recentemente, i ministri Gennaro Sangiuliano e Raffaele Fitto hanno lasciato la loro carica, lasciando spazio a nomi provenienti dal Centro-Nord come Alessandro Giuli e Tommaso Foti. Questo cambio di marcia ha sollevato interrogativi sulla continuità della rappresentanza del Sud in un esecutivo che sembra sempre più distante dalle problematiche e dalle esigenze di questa area d’Italia. La centralizzazione della delega al Mezzogiorno sotto la presidenza del Consiglio ha ridotto il numero di interlocutori diretti dalla regione, limitando le possibilità di dialogo su temi cruciali per lo sviluppo della Campania e delle altre regioni meridionali.
In questo contesto, si fa notare la presenza di alcuni rappresentanti del Sud: Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, e Nello Musumeci, ministro per la Protezione Civile. Tuttavia, le loro deleghe sono considerate più tecniche e quindi meno incisive sulle questioni politiche e di sviluppo economico del Meridione. Meloni ha giustificato questa scelta affermando che “il Sud rappresenta una priorità per il governo e che l’intenzione è di dare maggiore impulso alle politiche per il Mezzogiorno.”
La premier Meloni ha dichiarato che, nonostante l’assenza di un ministero dedicato, il suo governo non intende sottovalutare il Sud. Secondo fonti di Palazzo Chigi, l’esecutivo ha avviato una ricognizione per valutare quanto sia stato realizzato e quali ulteriori interventi siano necessari. Tra gli ambiti di intervento ci sono incentivi, infrastrutture e investimenti, con l’obiettivo di far crescere non solo l’economia locale, ma anche l’occupazione, che nel 2023 ha mostrato segni di crescita al di sopra della media nazionale.
La decisione di Meloni di mantenere il coordinamento delle politiche per il Sud è motivata dalla volontà di centralizzare le decisioni, riducendo il rischio di divisioni interne alla coalizione. Alcuni esponenti del centrodestra evidenziano la mancanza di alternative credibili per una delega che potesse unire le istanze del Sud senza dare adito a conflitti all’interno del governo. Questo ha suscitato anche delle risposte, evidenziando come la presenza di un leader forte a Palazzo Chigi possa riequilibrare le politiche meridionali, sebbene necessiti di un continuo monitoraggio sui progetti in corso.
Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli e commissario per la bonifica di Bagnoli, ha visto ridurre il numero di interlocutori da Palazzo Chigi. Sia Raffaele Fitto che Gennaro Sangiuliano erano cruciali per il dialogo diretto sulle questioni cittadine e regionali. Fitto, in particolare, ha avuto un ruolo centrale nell’assegnazione di 1,2 miliardi per la bonifica e la trasformazione dell’area di Bagnoli, tuttora in una fase critica per il suo futuro. Sangiuliano, invece, ha fornito supporto a numerosi progetti nei Beni culturali, assicurando finanziamenti che hanno elevato gli investimenti per la città.
L’assenza di delegati locali potrebbe complicare il processo di attuazione di questi progetti. Con la centralizzazione delle decisioni in mano alla premier, i sindaci come Manfredi si trovano in attesa di conoscere chi sarà il nuovo interlocutore. La presidenza delle politiche per il Sud potrebbe rappresentare un’ottima opportunità per collaborare direttamente con Meloni, rendendo la comunicazione più fluida. Tuttavia, le incertezze su risorse e piani da attuare rendono il futuro delle politiche meridionali ancora incerto.
Napoli e le altre città del Sud stanno affrontando una fase delicata. Ora più che mai, è evidente come l’azione del governo, e la presenza di un ministero dedicato, possano fare la differenza nello sviluppo e nella crescita delle regionali. Il futuro dei progetti già in corso e quelli attesi, dipenderanno non solo dalla volontà politica ma anche dalla capacità di instaurare un dialogo costruttivo e proficuo con i rappresentanti delle amministrazioni locali.