Registrare le conversazioni del coniuge, specialmente se separati, può essere un crimine. Ecco come e cosa si rischia penalmente.
Nel contesto sociale odierno, è spesso al centro della discussione il fatto che una coppia difficilmente riesca a mantenere un certo livello di solidità e longevità nel tempo.
Con l’introduzione dell’istituto del divorzio ed un evolvere sociale sui rapporti e sulle relazioni spesso molto caotico, è all’ordine del giorno sentire di coniugi che non riescono più a stare insieme.
La separazione è sicuramente un momento complesso dove psicologicamente à una dura lotta con sé stessi e le eventuali colpe di cui si è responsabili.
Nell’ambito della separazione si può incappare, inoltre, in un serio rischio legale connesso all’ambito delle intercettazioni tecnologiche. Ecco dunque come si articola una potenziale definizione di reato.
La norma sulla separazione
La separazione tra i coniugi è spesso caratterizzata da conflitti e colpe reciproche, con un crescente ricorso a prove tecnologiche come screenshot e registrazioni audio. Tuttavia, anche se i coniugi hanno il diritto di raccogliere prove utili ai fini dell’accusa o del risarcimento, devono comunque rispettare i limiti della legalità, perché il matrimonio non abolisce il diritto alla riservatezza e alla sicurezza personale. La violazione di questi diritti può trasformare chi raccoglie prove in autori di reati.
Un tipico esempio riguarda la registrazione segreta delle conversazioni del coniuge, che può costituire il reato di illecita ingerenza nella vita privata, come stabilito dalla Corte di Cassazione. Secondo il decreto n. 18713/2024 criminalizza un uomo che registra una conversazione tra la moglie e il suocero a casa sua durante la sua assenza. Secondo la legge, infatti, è vietato registrare i momenti privati di altre persone, anche nella propria abitazione, se non si è coinvolti in quella specifica situazione. È invece consentita la registrazione di conversazioni a cui si partecipa direttamente.
Il problema delle interferenze illecite
Il delitto di intromissione illecita è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni, applicabile a chi riprende immagini o suoni privati senza il consenso degli interessati, anche nelle proprie abitazioni. Tuttavia, tale condotta raramente incide direttamente sull’accusa di separazione, poiché la crisi coniugale è spesso preesistente.
La giurisprudenza ammette alcune eccezioni all’uso delle registrazioni sonore per far valere i diritti, purché rispettino i principi di proporzionalità e correttezza. Tuttavia, è meglio utilizzare altri mezzi di prova, come dichiarazioni o conversazioni ottenute con il consenso delle parti coinvolte. Per evitare di infrangere la legge e ledere i propri diritti, è fondamentale rivolgersi a un avvocato specializzato che possa guidare il proprio coniuge nella raccolta delle prove senza invadere la privacy dell’altra persona.