Un’inchiesta condotta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere ha messo in luce un vasto giro di frode nei confronti delle compagnie assicurative, coinvolgendo anche personale medico e sanitario. Questo caso ha sollevato interrogativi sull’integrità del settore sanitario e sull’abuso di sistema da parte di alcuni professionisti. Le indagini, svolte dai Carabinieri di Aversa, hanno portato a misure cautelari nei confronti di 23 indagati residenti nelle province di Napoli e Caserta.
Le indagini sono partite da sospetti su atti illeciti legati a falsi incidenti stradali e al conseguente ottenimento di risarcimenti non dovuti. La Procura ha richiesto misure cautelari, che sono state ratificate dal giudice del tribunale locale. Le accuse nei confronti degli indagati comprendono associazione a delinquere, falso e truffa, tra le altre. Le modalità di operazione della banda sono state descritte come sistematiche, con il coinvolgimento di persone che, presentando false identità e documenti contraffatti, si recavano in pronto soccorso all’interno di ospedali come quelli di Marcianise e Maddaloni. Queste persone fingevano di aver subito lesioni in incidenti stradali mai avvenuti.
Un aspetto particolarmente sorprendente emerso è che anche individui in perfetta salute sono stati portati in ospedale per ricevere falsi referti. Medici compiacenti, dietro compenso, rilasciavano documenti che attestavano lesioni inesistenti, bypassando le corrette procedure di registrazione. Questo ha permesso di eludere i controlli delle compagnie assicurative, creando così un circuito illecito per ottenere denaro facilmente.
Le indagini hanno rivelato che il personale sanitario non è stato solo vittima di abusi, ma, in alcuni casi, ha ahimè contribuito attivamente al sistema di frode. Medici e infermieri, in cambio di pagamento, hanno collaborato per emettere referti falsi e documenti sanitari contro le norme di legge e di etica. Un infermiere ha addirittura certificato documenti che sembravano in regola, ma non corrispondevano alla realtà dei fatti, ingegnando così un metodo per mascherare le irregolarità.
Inoltre, la documentazione medica creata per supportare le richieste di risarcimento era spesso redatta su carta intestata di centri diagnostici non autorizzati o intestati a prestanome. Queste pratiche illusorie hanno ulteriormente complicato il quadro investigativo, evidenziando la gravità della situazione e le potenziali responsabilità del personale sanitario coinvolto.
L’inchiesta ha portato al sequestro preventivo di beni per più di 600.000 euro, in parte rinvenuti in contanti durante le perquisizioni a carico di due medici coinvolti. Questi provvedimenti si allineano con la ricerca dell’illecito guadagno derivante dall’attività fraudolenta. La Procura ha anche sequestrato numerosi documenti irregolari: oltre 1.700 certificati medici contraffatti sono stati acquisiti dagli archivi dell’ospedale di Marcianise e da un consorzio locale di archiviazione medica.
Gli investigatori hanno anche messo sotto chiave una struttura diagnostica e un centro fisioterapico, evidenziando l’estensione della rete di frodi e il coinvolgimento di diverse strutture sanitarie. Durante la conferenza stampa, è stata riassunta la grave situazione che coinvolge non solo la salvaguardia economica delle compagnie assicurative, ma anche la reputazione degli operatori sanitari onesti, messi a repentaglio da azioni di questo tipo.
Un’operazione complessa, che ha rivelato aspetti inquietanti del mondo sanitario, ora dovrà proseguire non solo con ulteriori indagini per identificare tutti gli eventuali coinvolti, ma anche con una riflessione sulle procedure di controllo interno e sulle responsabilità di ogni singolo attore coinvolto. La fiducia nel sistema sanitario è un bene prezioso, che va tutelato attraverso l’integrità e la trasparenza delle pratiche professionali.