Una recente dichiarazione della Curia di Napoli ha acceso il dibattito riguardo la legittimità di alcuni sacerdoti che operano in città. Due di questi preti, identificati come appartenenti a un ordine non riconosciuto dalla Chiesa cattolica, sono intervenuti nel programma televisivo “La Vita in Diretta” per presentare la loro versione dei fatti. La situazione evidenzia le complesse dinamiche tra diverse confessioni religiose e la percezione pubblica delle loro pratiche.
L’arcidiocesi di Napoli ha rilasciato una nota ufficiale in cui si afferma che i sacerdoti coinvolti non appartengono alla Chiesa cattolica-romana, ma sono membri di un’altra comunità religiosa, con specifico riferimento alla prelatura internazionale Santissimi Pietro e Paolo. Questo gruppo ha generato malintesi e confusione tra i fedeli, poiché la loro apparente somiglianza ai sacerdoti cattolici potrebbe portare a errori di identificazione.
Inoltre, la Curia ha sottolineato che la presenza di queste figure religiose, sebbene dotate di abiti talari, non è garanzia di riconoscimento canonico. L’arcidiocesi ha il compito di tutelare i fedeli e assicurarsi che i sacramenti vengano amministrati da sacerdoti legittimamente ordinati, richiamando l’attenzione su potenziali inganni che potrebbero verificarsi. Di conseguenza, le parole di don Francesco Balzano e don Gennaro Vitiello durante la loro intervista rivestono un’importanza cruciale nel chiarire le loro posizioni rispetto agli accadimenti.
Nel corso della trasmissione, don Francesco Balzano ha cercato di spiegare il suo ruolo e quello dei colleghi, affermando che non esiste alcuna intenzione di ingannare coloro che si avvicinano alla loro comunità. “Naturalmente uno non è che dice sono don Francesco della chiesa Santi Pietro e Paolo oppure cammino con un cartello,” ha commentato Balzano. La sua intenzione di chiarire la situazione è palpabile, sottolineando il fatto che molti pastori e membri di altre denominazioni cristiane possono indossare abiti simili senza che ci sia un intento di confusione.
Balzano ha evidenziato l’importanza di tutelarsi legalmente mediante la richiesta di liberatorie alle persone che ricevono i sacramenti. Queste liberatorie delineano chiaramente identità e affiliazione, rendendo evidente la loro posizione all’interno della comunità religiosa. “Non siamo finti preti, siamo sacerdoti di un’altra chiesa,” ha dichiarato Balzano, cercando di legittimare così il loro operato come parte di un diverso contesto ecclesiastico.
Anche don Gennaro Vitiello ha voluto contribuire al dibattito, affermando con fermezza che, nel contesto della sua comunità, è riconosciuto come “arcivescovo reggente della mia prelatura chiesa Santi Pietro e Paolo.” Vitiello ha aggiunto che le affermazioni di illegittimità sulle loro ordinazioni sono veritiere nel senso che non ricevono riconoscimento dalla legge della Chiesa cattolica-romana. Tuttavia, sottolinea che operano nel rispetto delle proprie norme e dei propri statuti.
La difesa da parte di entrambi i sacerdoti si basa sull’idea di trasparenza e rispetto nei confronti delle persone che cercano i sacramenti. “La tutela è fondamentale perché possiamo essere accusati,” ha proseguito Vitiello, spiegando come le liberatorie fungano da salvaguardia legale. La loro fermezza nel difendere la propria identità ecclesiastica sembra voler rassicurare i fedeli circa la serietà delle loro pratiche religiose e il rispetto della loro vocazione.
Alla base di questa disputa non vi è solo una questione di riconoscimento formale, ma si apre anche una riflessione più ampia sulle diverse espressioni del credere, in un contesto in cui la pluralità delle fedi continua a essere un tema centralizzato nel dibattito culturale e sociale contemporaneo.