Nei giorni in cui si celebra la Giornata della Memoria, un messaggio inquietante è riemerso in via Federico Galeotti a Roma, dove un’asserzione di odio è stata firmata con la sigla “ASR”, che fa pensare a legami con il tifo giallorosso. Questi eventi non solo destano preoccupazione, ma evidenziano una persistente cultura di intolleranza radicata nella società italiana. L’antifascismo e la memoria storica si mescolano a frasi che richiamano odio e divisione, rendendo necessario interrogarsi sulle dinamiche che alimentano tali atti.
La riscoperta dell’odio a Roma
L’evento di Roma non rappresenta un episodio isolato. Già nel passato molteplici manifestazioni di antisemitismo e razzismo hanno caratterizzato le sfide tra le tifoserie, evidenziando un problema diffuso che sembra non affievolirsi. In particolare, il tifo giallorosso ha visto la presenza di frange estremiste che hanno utilizzato la violenza verbale come mezzo per esprimere odio nei confronti di gruppi specifici, in particolare verso gli ebrei e i napoletani.
Recentemente, nel novembre 2023, l’Osservatorio Antisemitismo ha segnalato un coro inquietante cantato da alcuni tifosi della Roma, in cui si mescolano incitamenti alla violenza e insulti diretti non solo contro ebrei, ma anche contro diverse minoranze sociali. Il clima di odio, soprattutto in un momento così significativo come quello della Giornata della Memoria, fa emergere quanto sia precaria la condizione della tolleranza nel tifo calcistico italiano.
Le scritte e i cori discriminatori non si limitano solo alla rivalità sportiva, ma si allargano a considerazioni sociali e storiche, diffondendo un messaggio pericoloso che abbraccia una visione del mondo intollerante e divisiva. Questi atti evidenziano la necessità di una riflessione profonda su ciò che significa essere parte di una comunità e sul ruolo che il calcio gioca nella società.
Il tifo laziale e le sue pratiche offensive
Dall’altra parte della Lazio, anche i tifosi della Lazio non sono esenti da tali comportamenti. La tifoseria ha mostrato, in più occasioni, atti di discriminazione che toccano sia l’antisemitismo sia il razzismo contro i napoletani. Gli adesivi che ritraevano Anna Frank con la maglia della Roma e i cori razzisti durante le partite servono a testimoniare una pratica di intolleranza che trascende la semplice rivalità calcistica.
Risultano rilevanti anche i cori offensivi che risuonano nelle curve, dove la xenofobia viene espressa con frasi che vilipendiano non solo gli avversari sportivi, ma anche intere culture. Questi atti spingono a riflessioni su come il mondo del calcio, spesso visto come mera forma di intrattenimento, possa rappresentare un terreno fertile per l’alimentazione degli stereotipi e dell’odio.
Razzismo e antisemitismo: un problema diffuso nel calcio italiano
Osservando ai confini delle rivalità romane, è facile notare come queste resentano un problema diffuso nel calcio italiano: razzismo e antisemitismo si intrecciano in molte tifoserie, estendendosi oltre Roma. Tifosi della Juventus e dell’Inter hanno sollevato polemiche simili, con cori che denigrano minoranze e gruppi religiosi, rivelando una cultura che, seppur visibile nello sport, coinvolge anche la sfera sociale.
Ad esempio, durante un incontro tra Juventus e Fiorentina nel settembre 2022, alcuni supporter bianconeri si sono distinti per il coro “Loro non sono italiani, sono una massa di ebrei”. Un episodio simile è accaduto quando tifosi dell’Inter hanno intonato frasi ingiuriose durante una partita contro il Milan, mettendo in luce quanto il problema sia radicato e sistemico. L’Hellas Verona ha anche fatto notizia con cori che celebrano figure storiche legate al regime fascista, un chiaro segnale di come il calcio possa riflettere una realtà sociale permeata da divisioni.
Questi eventi evidenziano che l’antisemitismo e il razzismo anti napoletano non conoscono confini e si manifestano in modi diversi, creando un clima di ostilità che merita attenzione. È cruciale l’impegno congiunto di tifoserie, istituzioni e società civile per combattere questa cultura dell’odio e alimentare una narrazione più positiva, inclusiva e rispettosa nel mondo dello sport.