Salman Rushdie, uno degli autori contemporanei più noti e controversi, ha recentemente annunciato il suo ritorno alla scrittura di fiction. Questo segna un’importante tappa per lo scrittore, che due anni fa è stato vittima di un tentato omicidio sul palcoscenico di una conferenza. Rushdie ha condiviso la notizia del nuovo progetto letterario durante un intervento video al Lviv Book Forum in Ucraina. Questa nuova opera rappresenta un significativo passo avanti nella sua carriera e un segnale di resilienza dopo gli eventi traumatici che ha vissuto.
Rushdie, 77 anni, ha rivelato che la sua prossima pubblicazione consisterà in tre novelle, ciascuna della lunghezza di circa settanta pagine. Ogni racconto si concentrerà su uno dei tre luoghi che hanno segnato la sua vita: India, Inghilterra e America. La scelta di questi contesti geografici non è casuale, poiché ognuno di essi rappresenta una fase significativa della sua esistenza tra cultura, esilio e identità. Secondo le sue parole, le novelle saranno tutte legate a “questo tema della fine”, suggerendo una profonda riflessione sulle esperienze personali e professionali che ha acquisito nel corso degli anni.
Il precedente lavoro di Rushdie, “La Città della Vittoria”, è uscito nel 2023. Tuttavia, è stato completato prima dell’attentato che ha sconvolto la sua vita e la sua carriera. Con queste nuove novelle, Rushdie intende esplorare un territorio artistico ancora in parte inesplorato, utilizzando la narrativa per approfondire i temi dell’esistenza e della mortalità, questioni che diventano ancor più urgenti alla luce delle sue recenti esperienze.
Rushdie ha utilizzato il festival di Lviv per discutere anche del suo libro “Coltello”, il quale affronta le conseguenze che ha dovuto affrontare dopo l’aggressione subita sul palco della Chautauqua Institution nel 2022. Questo evento non solo ha messo a rischio la sua vita, ma ha anche influito sulla sua capacità visiva, poiché ha perso la vista da un occhio a seguito dell’attacco. Le sue recenti opere evidenziano la complessità della ripresa e come il trauma possa influire sulla creatività di un artista.
In merito al tempo che resta da vivere e scrivere, Rushdie ha espresso riflessioni profonde, enfatizzando che alla sua età è naturale interrogarsi su quanto rimanga da realizzare. Ha esposto come per un autore possa sembrare che vi siano solo uno o due libri ormai da scrivere, riflettendo sull’inevitabilità dell’invecchiamento e rifacendosi ai pensieri del filosofo Theodor Adorno e del critico Edward Said.
Rushdie ha descritto due modalità attraverso cui gli artisti possono affrontare la fine della loro carriera, quelle della serenità e della rabbia. Ha sottolineato che questi stati d’animo possono coesistere, dando vita a esperienze artistiche ricche e complesse in cui il senso di pace si alterna a quello di indignazione.
Il 15 ottobre si aprirà il processo contro Hadi Matar, il 26enne accusato di aver accoltellato Rushdie. Figlio di immigrati libanesi e musulmano, Matar ha affermato che la sua azione era motivata dalla fatwa emessa contro lo scrittore dopo la pubblicazione di “Versetti Satanici”. Tuttavia, durante il processo, il procuratore distrettuale Jason Schmidt ha dichiarato che la giuria non sentirà discutere delle motivazioni religiose, poiché il tentato omicidio è stato chiaramente documentato e testimoniato.
Rushdie, che ha trascorso anni in clandestinità a causa della fatwa dell’ayatollah Khomeini che lo ha giudicato colpevole di blasfemia, è atteso come teste nel processo. La misura in cui questo capitolo del suo passato influirà sulla sua scrittura futura e sulla sua visione artistica rimane da vedere, ma è chiaro che la sua resilienza e la sua determinazione a raccontare storie continuano a definire il suo percorso.