L’operazione della Guardia di Finanza ha portato a sei arresti collegati a presunti illeciti nella gestione degli appalti comunali a Capaccio Paestum, in provincia di Salerno. Facendo luce su presunti favoritismi a favore della società Dervit, i magistrati hanno disposto misure cautelari che coinvolgono non solo il sindaco Alfieri, ma anche altre figure di spicco legate alla gestione comunale e alle aziende coinvolte, mettendo in evidenza un sistema corrotto che mina la trasparenza delle procedure pubbliche.
Gli arresti e le misure cautelari
Nella mattinata del 3 ottobre, la Guardia di Finanza ha eseguito un’operazione che ha portato all’arresto del sindaco di Capaccio-Paestum, Franco Alfieri, nonché presidente della Provincia di Salerno. L’accusa a carico di Alfieri è grave: si ipotizza la sua responsabilità in un sistema di corruzione e turbativa d’asta che ha visto la manipolazione delle procedure di gara per favorire la ditta Dervit. Oltre ad Alfieri, sono stati disposti arresti domiciliari per Vittorio De Rosa e Alfonso D’Auria, rispettivamente legale rappresentante e procuratore della Dervit, insieme ad Elvira Alfieri, sorella del sindaco, e ad altri due funzionari comunali. Le accuse a loro carico comprendono turbata libertà degli incanti e corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio.
Durante l’operazione, è stato scoperto e sequestrato un importo considerevole, superiore ai 543mila euro, ritenuto il profitto derivante dai reati di cui sono accusati gli indagati. Il clamore suscitato dalla scoperta di questo sistema di illeciti ha rivelato profondi legami tra amministrazione comunale e aziende private, sollevando interrogativi fondamentali sulla trasparenza nelle procedure pubbliche e sull’integrità delle istituzioni locali.
I dettagli degli appalti contestati
Le indagini, svolte dal Gruppo della Guardia di Finanza di Eboli e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Salerno, si sono concentrate su due appalti specifici: uno per l’illuminazione pubblica e l’altro per l’adeguamento e l’efficientamento energetico dell’impianto comunale. Le intercettazioni e la documentazione acquisita dalle perquisizioni hanno rivelato che gli indagati si erano accordati in anticipo per assegnare i lavori alla Dervit, ben prima dell’indizione formale delle gare.
In particolare, l’inchiesta ha messo in luce un accordo tra Campanile, funzionario comunale, e D’Auria per definire i dettagli dei lavori, come tempistiche e costi, nonché per garantire una redazione dei documenti di gara a favore della Dervit. Ulteriormente, Carmine Greco, un altro funzionario chiave, avrebbe manipolato le procedure per garantire che solo aziende compiacenti o senza i requisiti necessari partecipassero alle gare, “blindando” così l’aggiudicazione.
Questa situazione solleva preoccupazioni sul rispetto delle norme che regolano l’affidamento degli appalti pubblici, in particolare quelle relative al principio di rotazione, che impone di alternare le aziende vincitrici per garantire equità e concorrenza.
Vantaggi illeciti e legami familiari
Un aspetto particolarmente inquietante delle indagini riguarda i presunti scambi illeciti tra la Dervit e la società Alfieri Impianti, legalmente rappresentata da Elvira Alfieri. Gli inquirenti sostengono che la Dervit abbia attribuito in subappalto lavori alla società della sorella del sindaco, creando un sistema che ha permesso un flusso di denaro e benefici incrociati. Questo legame familiare non solo complica ulteriormente la questione della legalità delle assegnazioni, ma evidenzia anche come i confini tra pubblico e privato possano diventare permeabili in situazioni di corruzione.
L’accusa sostiene che, in cambio degli appalti, la Dervit ha contratto la Alfieri Impianti per realizzare lavori, garantendo così vantaggi economici significativi. Tali pratiche non solo minano la credibilità delle istituzioni locali, ma sollevano anche il rischio di danni sostanziali all’erario pubblico, promuovendo una cultura dell’illegalità che può arricchire pochi a discapito di molti.
L’operazione di oggi si configura come un tentativo di restituire integrità al processo di assegnazione degli appalti pubblici e di riaffermare il principio di legalità necessario per il corretto funzionamento delle istituzioni.