In un’operazione congiunta della Polizia di Stato e della Procura di Napoli, sei individui legati al clan Moccia-Franzese sono stati sottoposti a fermi. Questo provvedimento segue una serie di aggressioni e reati attribuiti a quest’organizzazione malavitosa, evidenziando la lotta continua contro la criminalità in provincia di Napoli. Le indagini hanno svelato dettagli inquietanti che mettono in luce le dinamiche interne e le attività illecite del gruppo, rendendo evidente la necessità di un intervento deciso da parte delle forze dell’ordine.
Le indagini e i fermi emessi
Lo scorso 6 agosto, è avvenuto un grave episodio di violenza ad Afragola, che ha portato a indagini approfondite da parte della Polizia. Complessivamente, sei provvedimenti di fermo sono stati emessi dalla Procura di Napoli. Tra i nomi di spicco coinvolti troviamo Mauro Franzese, considerato il vertice del clan, e altri criminali noti. I fermi sono stati disposti dai sostituti procuratori della Direzione Distrettuale Antimafia, Ilaria Sasso del Verme e Giorgia De Ponte, in aggiunta al procuratore aggiunto Sergio Ferrigno.
Oltre a Franzese, i fermati includono Salvatore Ambrosio, Jonathan Piglia, Vincenzo Rullo, Salvatore Iorio e Salvatore Barbato. Quest’ultimo, recentemente ferito in un agguato, è stato precedentemente al centro delle indagini poiché la Polizia sospetta che il gruppo stesse cercando di evitare ritorsioni legate a tale violenza. Le accuse contro di loro includono associazione camorristica, traffico di droga, detenzione di armi e tentativi di estorsione. La magistratura ora attende che il Gip di Nola e Napoli Nord convalidi questi fermi, che rappresentano una schiacciante risposta alle crescenti tensioni nel territorio.
La struttura del clan e i ruoli chiave
Il clan Moccia-Franzese si è dimostrato un attore importante nella criminalità organizzata di Casoria e zone limitrofe. Mauro Franzese è riconosciuto come uno dei “senatori” del clan, controllando direttamente le operazioni sul territorio. Le indagini suggeriscono che avesse un ruolo decisivo nella pianificazione di attività illecite, come le estorsioni e il traffico di sostanze stupefacenti. Si affida a un gruppo di luogotenenti, tra cui Salvatore Barbato, Jonathan Piglia e Salvatore Ambrosio, ciascuno con compiti specifici all’interno dell’organizzazione.
Barbato e Ambrosio, oltre a eseguire ordini di violenza, erano anche responsabili della movimentazione delle armi e della gestione dei mezzi di comunicazione. Ambrosio si occupava di trasportare armi e modificare periodicamente i telefoni utilizzati dal clan, mentre Piglia, insieme a Barbato, era incaricato di portare avanti le intimidazioni necessarie per mantenere il controllo sui rivali e sulle vittime. Rullo, invece, fungeva da messaggero e custode delle armi utilizzate dalla banda. La loro struttura operativa mette in evidenza un’organizzazione ben coordinata, in grado di gestire attività illecite in modo sistematico e pervasivo.
Un episodio agghiacciante di violenza
Un episodio significativo emerso dalle indagini è un pestaggio avvenuto il 6 agosto, in cui i membri del clan hanno tentato di costringere una vittima a consegnare del denaro. Questo evento chiarisce non solo la brutalità del gruppo, ma anche la strategia impiegata per minimizzare la visibilità delle loro azioni. Durante la preparazione del pestaggio, i membri del gruppo hanno discusso su come presentarsi in modo meno riconoscibile per sfuggire a eventuali identificazioni. Barbato ha addirittura suggerito di cambiare l’abbigliamento di uno dei complici, ritenendo che una camicia troppo vistosa potesse attrarre attenzione indesiderata.
Anche i tatuaggi sono stati un oggetto di discussione, poiché uno dei membri del gruppo temeva che i propri segni distintivi potessero compromettere la segretezza delle loro operazioni. Queste preoccupazioni rivelano una mentalità caratterizzata da una certa paranoia, tipica di coloro che operano ai margini della legalità, consapevoli del rischio rappresentato dalle forze dell’ordine e dalla possibilità di un arresto. La violenza e la pianificazione attenta del gruppo dimostrano come le organizzazioni malavitose si adattino e mutino per mantenere il controllo sui loro affari e sui territori in cui operano.
La lotta contro la criminalità organizzata a Napoli continua ad affrontare sfide complesse e pressanti, con le autorità che fanno di tutto per combattere l’egemonia dei clan. Le misure prese contro il clan Moccia-Franzese segnano un passo significativo nella giustizia e nella sicurezza sociale, sottolineando l’importanza di tali azioni nel riconquistare territori segnati dal crimine.