L’11 novembre 2023, la vita di Giulia Cecchettin, una giovane studentessa di 22 anni, è stata stravolta in un tragico episodio di femminicidio che ha sconvolto l’opinione pubblica. Oggi, 3 dicembre 2024, il processo giunge infine a una sentenza, con Filippo Turetta, l’ex fidanzato accusato del suo omicidio, che potrebbe affrontare la pena dell’ergastolo. Questo articolo esplorerà gli avvenimenti che hanno portato a questa dolorosa vicenda, le inestimabili perdite e le dinamiche di un processo che mette in luce drammi familiari e sociali.
Il 12 novembre 2023 segna l’inizio di un dramma senza precedenti per la famiglia Cecchettin. Alle 13.30 di quel giorno, Gino Cecchettin si presenta presso la stazione dei carabinieri di Vigonovo, in provincia di Padova, per denunciare la scomparsa della figlia Giulia. Le ultime notizie risalgono alla sera precedente, quando Giulia si trovava in compagnia di Filippo Turetta, suo ex fidanzato e compagno di studi, dopo aver trascorso una serata al centro commerciale ‘Nave de Vero‘ di Marghera. Il giovedì successivo, il giorno della discussione della sua tesi di laurea in Ingegneria Biomedica all’Università di Padova, la sedia di Giulia rimane vuota, un segno inconfondibile della tragedia che si stava verificando.
La famiglia, insieme a tutti coloro che conoscevano Giulia, spera in una rapida risoluzione, convinta che possa tornare a casa sana e salva. Tuttavia, la speranza svanisce in un drammatico crescendo, culminando nella scoperta del suo corpo una settimana dopo la sua scomparsa.
Il 18 novembre 2023, la famiglia Cecchettin viene colpita dalla devastante notizia che segna la fine di ogni speranza. Il corpo di Giulia viene rinvenuto vicino al lago di Barcis, in provincia di Pordenone, a circa cento chilometri da casa. Nascosto in un anfratto roccioso, il corpo è coperto da sacchi neri, una scena che evoca l’orrore e il dolore di una violenza inimmaginabile. Accanto a Giulia, viene trovato un libro per bambini intitolato “Anche i mostri si lavano i denti!“, un elemento agghiacciante che contrasta con la gravità della situazione.
L’autopsia svela particolari raccapriccianti: Giulia è morta per emorragia, con 75 coltellate inflitte dal suo aggressore. Le ferite da difesa, in particolare su testa, collo e braccia, raccontano la disperazione di una giovane donna che ha tentato di salvare la propria vita. Questo tragico evento segna non solo una perdita personale ma scuote profondamente la comunità, riaccendendo le discussioni su violenza di genere e femminicidio.
La fuga di Filippo Turetta, l’ex fidanzato di Giulia, comincia poco dopo il ritrovamento del corpo. Il suo tentativo di evitare la cattura lo porta attraverso il Veneto e il Trentino, fino in Austria, fino a quando non viene arrestato in Germania il 18 novembre. La polizia intercetta Turetta mentre si trova a bordo di una Fiat Grande Punto, ferma a luci spente lungo l’autostrada A9 direzione Monaco. La sua confessione, “Ho ucciso la mia fidanzata”, segna un tragico epilogo per questa vicenda e un inizio per il processo che seguirà.
L’11 novembre, giorno dell’omicidio, le forze dell’ordine si mobilitano immediatamente, ma la cattura di Turetta avviene solo dopo giorni di intenso viaggio. Il 25 novembre, rientra in Italia a seguito di un volo di Stato e viene rinchiuso nel carcere di Montorio, nel veronese, dove inizia a prepararsi per il giudizio.
Il primo dicembre, davanti al pubblico ministero di Venezia, Andrea Petroni, Turetta si presenta per confessare l’aggressione che conduce all’omicidio di Giulia. In un racconto frammentato, fornisce dettagli sull’accaduto, che si sviluppa in tre atti distinti: il primo nel parcheggio di Vigonovo, il secondo durante il tragitto in auto e il terzo in un’area industriale di Fossò.
La motivazione alla base del suo gesto si rivela terribile quanto prevedibile: il rifiuto di Giulia di rinunciare alla sua vita per tornare con lui alimenta una rabbia che sfocia in un attacco violento e omicida. Turetta colpisce Giulia in una sequenza di gesti brutali, mentre lei cerca di mettersi in salvo, evocando immagini strazianti di violenza domestica. A catturare il momento finale è una telecamera che immortala la scena in cui Turetta carica il corpo di Giulia nel bagagliaio e intraprende una fuga drammatica.
Il processo a Filippo Turetta inizia il 23 settembre 2024, con l’imputato che non partecipa all’udienza preliminare. Davanti a una corte d’assise di Venezia presieduta dal giudice Stefano Manduzio, viene affrontata la gravità dell’accusa: omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà e stalking. L’aula è un microcosmo che riflette l’attenzione mediatica, con venti giornalisti e altrettanti posti per il pubblico, segno di un interesse collettivo che va oltre il singolo caso.
Nel corso delle udienze, si susseguono le dichiarazioni di Turetta che sembrano più orientate a minimizzare la sua responsabilità piuttosto che a riconoscere la gravità dei fatti. La famiglia Cecchettin, rappresentata in aula, cerca giustizia con tre richieste di risarcimento per un totale di circa 2 milioni di euro, a simboleggiare il profondo dolore e la perdita subita.
Le argomentazioni presentate dalla procura culminano in una richiesta di ergastolo per Turetta, dato il “controllo” che egli esercitava su Giulia, documentato attraverso messaggi minacciosi e un sistematico ricatto emotivo. Le comunicazioni tra loro testimoniano un quadro inquietante, dove Giulia manifesta il timore della violenza e del dominio del suo ex compagno. La difesa si oppone alla richiesta, sostenendo che il giovane, troppo influenzato dagli stati emotivi, non ha agito con premeditazione, contrariamente a quanto sostenuto dall’accusa.
In aula, gli avvocati di Turetta cercano di rimarcare un’interpretazione meno severa, sottolineando lo stato di fragilità psicologica del loro assistito, in una manovra per attenuare le aggravanti. La tensione emotiva e il dramma che avvolge la dinamica del processo si manifestano chiaramente, sia nei plebisciti che nei contrasti o nelle lacrime sporadiche sul volto di Turetta.
Dopo un processo accelerato, che si è concluso in meno di due mesi, oggi, 3 dicembre, si attende con trepidazione la sentenza per Filippo Turetta. A poco più di un anno dal femminicidio che ha scosso non solo una famiglia ma un’intera società, il risvolto giuridico di questo tormentato capitolo sembra aver preso forma. La responsabilità legale e l’eventuale condanna del colpevole rappresentano il desiderio di giustizia per Giulia e una chiamata alle armi per un cambiamento sociale profondo e necessario contro la violenza di genere.