Nel cuore di Venezia, l’aria si fa palpabile mentre ci si prepara a una conclusione drammatica in un caso che ha scosso le coscienze nella comunità. Oggi, presso la Corte d’Assise, si attende la sentenza nel processo contro Filippo Turetta, accusato dell’omicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin. I genitori e i familiari della vittima sono stati protagonisti di un tensionale colloquio prima dell’udienza finale, segno di un dolore che fatica a trovare pace.
Un incontro silenzioso ma significativo ha catturato l’attenzione degli astanti. Giovanni Caruso, avvocato di Filippo Turetta, ha stretto la mano a Gino Cecchettin, padre di Giulia, in un gesto che ha voluto ricomporre le polemiche nate dopo l’arringa difensiva dell’avvocato. Le parole pronunciate durante la difesa hanno provocato una reazione forte e comprensibile in Gino, e la stretta di mano è sembrata un tentativo di sanare le ferite, seppur temporaneo.
La mano è stata allungata anche verso Carla Gatto, nonna della vittima, con la quale Caruso ha espresso comprensione. “La capisco umanamente, ma il mio lavoro non è facile”, ha affermato a bassa voce, cercando di mantenere un equilibrio delicato tra il dovere professionale e la dimensione umana della tragedia. Questi momenti di empatia, sebbene fugaci, hanno messo in evidenza la complessità dei rapporti che si sviluppano in situazioni di tale gravità e il peso delle parole pronunciate in un’aula di giustizia.
Le emozioni si sono intensificate attraverso le voci dei familiari di Giulia Cecchettin. Andrea Camerotto, zio materno della vittima, ha ripetutamente sottolineato la sua posizione: “Io non sono per il perdono, non perdonerò mai chi ha ucciso mia nipote e non perdonerò mai chi fa del male alle donne.” Un’affermazione che riflette non solo il suo personale dolore, ma anche una realtà sociale che richiede incessanti interrogativi sulla violenza di genere.
Camerotto ha descritto una nuova consapevolezza che è emersa nella sua famiglia dopo l’omicidio di Giulia. “Prima non eravamo coscienti, si leggeva la notizia, si assaporava la disgrazia e si girava pagina,” ha dichiarato, evidenziando come, fino ad oggi, molti trattano i femminicidi come notizie di cronaca, senza realizzare il profondo impatto umano che si cela dietro ogni tragico evento. Ha concluso affermando che “la crudeltà c’è stata” e invitando a riflettere sulle scelte compiute in momenti decisivi.
La tensione era palpabile nell’aula di giustizia durante l’ultima udienza. Filippo Turetta e Gino Cecchettin si sono ritrovati faccia a faccia per la seconda volta, ma la distanza emotiva era impressionante. L’imputato, sebbene seduto in prima fila con i suoi legali, ha evitato ogni contatto visivo con Gino, presente in aula in segno di rispetto per la figlia perduta.
Cecchettin, insieme ad altri familiari, si è disposto nella seconda fila, sanzionando la profonda separazione esistente tra loro. Accanto a lui erano presenti lo zio paterno Alessio e la nonna Carla Gatto, mentre i fratelli minori di Giulia, Elena e Davide, sono rimasti assenti durante tutto il processo. Turetta, nel corso dell’udienza, non ha rilasciato dichiarazioni spontanee, mantenendo un profilo volutamente basso, con la mente concentrata sulla decisione dei giudici che dovranno emettere il verdetto finale, un momento di estrema importanza per tutte le parti coinvolte.