Domani si svolgerà un’importante udienza nella quale il Tribunale di Milano emetterà la sentenza di primo grado per l’omicidio di Giulia Tramontano, una giovane donna uccisa brutalmente dal compagno mentre era incinta di sette mesi. Questo tragico caso ha attirato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, specialmente in concomitanza con la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La Procura ha sostenuto che l’omicidio rappresenta l’epitome di un dramma di violenza domestica e ha chiesto una pena severa per l’imputato.
Durante una requisitoria di circa due ore, la pubblica accusa ha chiesto l’ergastolo per l’imputato Alessandro Impagnatiello, accompagnato da un’aggiuntiva richiesta di 18 mesi di isolamento diurno. Il pubblico ministero Alessia Menegazzo, assistita dalla collega Letizia Mannella, ha descritto il delitto come un “viaggio nell’orrore”, evidenziando il piano premeditato che ha caratterizzato l’azione violenta dell’imputato. Impagnatiello ha ucciso Giulia nel loro appartamento a Senago, nel Milanese, dove l’ha colpita con 37 coltellate. Un episodio che, secondo l’accusa, è stato alimentato dalla gelosia e dalla scoperta della relazione extraconiugale dell’imputato.
La Procura ha inoltre evidenziato i segnali premonitori del comportamento violento di Impagnatiello, che in passato aveva tentato di avvelenare Giulia, sottolineando quindi un modello di aggressione che non ha lasciato spazio a possibilità di redenzione o di riabilitazione. L’omicidio è avvenuto in un contesto di tensione crescente, culminato in un gesto estremo di violenza. Dopo aver commesso il delitto, l’imputato ha tentato di occultare il corpo di Giulia, cui è seguito un tentativo di farla passare per scomparsa.
Due esperti nominati dal Tribunale, lo psichiatra forense Pietro Ciliberti e il medico legale Gabriele Rocca, hanno realizzato una perizia psichiatrica su Impagnatiello. Il referto ha messo in evidenza tratti narcisistici nella personalità dell’imputato, pur dichiarando la sua capacità di intendere e volere. Questo ha avuto cruciali ripercussioni sulla difesa, che ha tentato di sostenere l’assenza di premeditazione nel delitto, suggerendo l’idea che l’omicidio fosse frutto di un impulso incontrollabile.
Le avvocate del difensore, Giulia Geradini e Samanta Barbaglia, hanno sostenuto che, sebbene i tragici eventi fossero innegabili, l’intento omicida non fosse stato pianificato con largo anticipo. La difesa ha quindi cercato di ridimensionare la gravità dell’azione, impegnandosi a delineare un quadro complesso delle dinamiche relazionali tra i due. Tuttavia, il contrasto tra la visione della difesa e le evidenze presentate dalla pubblica accusa ha reso la questione dell’intenzionalità un punto cruciale della disputa legale.
La sorella di Giulia, Chiara, ha seguito attentamente il processo, rappresentando la voce della famiglia di fronte a un evento che ha rattristato profondamente la comunità. Durante l’udienza, ha dichiarato che per l’imputato “non ci sarà mai perdono”, manifestando il dolore e la frustrazione della famiglia di fronte a un crimine così efferato. Chiara era accompagnata dal padre Franco, dalla madre Loredana Femiano e dal fratello Mario, i quali hanno espresso pubblicamente il loro desiderio di giustizia per Giulia.
Questo caso non solo ha evidenziato la brutalità della violenza di genere, ma ha anche messo in luce la necessità di un maggiore supporto alle vittime. Con la sentenza attesa domani, gli occhi del pubblico e dei media saranno puntati su ciò che rivelarà il Tribunale, rappresentando un momento significativo nella lotta contro la violenza sulle donne in Italia.