Nel contesto attuale del mercato del lavoro a Napoli, in particolare per quanto riguarda il settore dell’assistenza domestica, emergono storie di precarietà e sfruttamento. Elena Dznelashvili, una badante georgiana di 30 anni, offre una testimonianza diretta e toccante delle sue esperienze nel capoluogo campano. Arrivata in Italia nel 2019, la sua narrazione mette in luce le sfide che affrontano i lavoratori, spesso sottopagati e privi di diritti.
Elena racconta il suo primo contratto come badante, caratterizzato da un stipendio di soli 600 euro mensili per un lavoro h24 accanto a un’anziana malata di Alzheimer. Questo incarico si è rivelato insostenibile per lei, tanto che dopo un mese e mezzo ha deciso di lasciare. La giovane donna spiega che il compito di assistere un’anziana doveva affrontare non solo la malattia, ma anche le urla e il comportamento difficile della paziente.
Dopo questa esperienza negativa, Elena ha tentato di trovare una nuova occupazione, ma anche le opportunità successive si sono rivelate problematiche. Un altro lavoro che ha ricoperto prevedeva l’assistenza a un’anziana per tre mesi, ma quando ha chiesto di ricevere un contratto regolare, il figlio della signora, un avvocato, si è rifiutato, costringendola a lasciare l’incarico. Per sua fortuna, ha poi trovato un’altra famiglia a Fuorigrotta che finalmente le ha offerto un contratto, un evento raro in cinque anni di esperienze lavorative.
Oltre all’assistenza, Elena ha avuto occasioni di lavoro nel settore turistico, ma queste non sono state rose e fiori. Inizialmente, ha lavorato in provincia di Salerno, svolgendo mansioni irregolari e percependo un pagamento di 800 euro per un turno giornaliero di nove ore, senza vitto ma con alloggio. Ritornata a Napoli, ha trovato un impiego in un hotel di piazza Garibaldi, ma la situazione è peggiorata: sebbene avesse un contratto part-time, di fatto doveva lavorare a tempo pieno senza ricevere il corrispettivo adeguato.
Ulteriori tentativi di trovare lavoro in altre strutture ricettive hanno portato a esperienze simili, dove la paga proposta non superava 800 euro al mese per otto ore di lavoro con solo un giorno di riposo settimanale. Anche i contatti con case vacanza e B&B hanno rivelato salari inadeguati, tra i 7 e gli 8 euro l’ora, che risultavano insostenibili, specialmente considerando i costi dei trasporti per recarsi sul luogo di lavoro.
Attualmente, Elena è di nuovo in cerca di lavoro come badante, ma ha modificato le sue disponibilità: ora cerca solo posti di lavoro di giorno perché è diventata madre e non può più garantire un impegno h24. Tuttavia, la situazione rimane difficile, dal momento che il mercato del lavoro nel settore assistenziale a Napoli è dominato da richieste di disponibilità h24. Elena osserva che questo rende rare le opportunità per chi può solo occuparsi di assistenza durante il giorno, portando alla pratica di stipendi che non superano i 7 euro l’ora.
Un ulteriore colpo alla sua situazione economica è rappresentato dalla mancanza di accesso ai bonus alimentari previsti dal Governo. Pur avendo un ISEE pari a zero, scopre che il supporto è destinato solamente a famiglie con almeno tre membri, creando una situazione paradossale: è come se la sua condizione di sola madre non fosse considerata necessaria per ricevere aiuto in beni di prima necessità.
Le difficoltà economiche e professionali di Elena Dznelashvili fanno emergere le problematiche sistematiche che affliggono il settore dell’assistenza a Napoli, dove il lavoro viene spesso svolto in condizioni precarie, alimentando un ciclo di vulnerabilità e sfruttamento che merita un’attenta riflessione sociale e politica.