Un giovane di 28 anni originario della provincia di Napoli ha trovato la morte nel carcere di Poggioreale, segnando il quarto suicidio dall’inizio dell’anno in questa struttura. Si tratta dell’undicesimo suicidio in tutta la Campania e il numero complessivo di suicidi in carcere in Italia ha raggiunto quota 81 nel 2023. Situazioni come queste pongono l’accento su problemi sistemici all’interno del sistema penitenziario, che richiedono interventi urgenti e misure concrete da parte delle istituzioni.
Il carcere di Poggioreale, insieme a quello di Prato, è al primo posto per numero di suicidi nelle varie carceri italiane. La drammatica statistica dei suicidi evidenzia una realtà a dir poco preoccupante. Da inizio anno, sono state registrate 1.842 tentativi di suicidio e oltre 11.503 atti di autolesionismo. Questi dati non solo mettono in luce la gravità della situazione all’interno delle istituzioni penitenziarie, ma sollevano interrogativi cruciali sulle condizioni di vita nei penitenziari e sulla salute mentale dei detenuti.
Le cause che portano a tali tragici eventi sono molteplici e interconnesse. Lo stato di sovraffollamento nelle celle, insieme a un ambiente caratterizzato da tensione e disagio, contribuisce a creare un contesto difficile per chi si trova a scontare una pena. I detenuti, spesso già vulnerabili, si trovano così a dover affrontare situazioni insostenibili, che possono degenerare in atti di autolesionismo e suicidi. L’analisi di queste statistiche è fondamentale per comprendere la portata del problema e la necessità di attuare cambiamenti significativi nel sistema penitenziario.
Samuele Ciambriello, garante campano delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà, ha rilasciato una dichiarazione allarmante riguardo alle condizioni dei carcere italiani. Secondo Ciambriello, il sistema penitenziario è “sull’orlo del baratro”, e descrive la situazione come una “strage continua”. La sua denuncia si concentra sull’assenza di provvedimenti efficaci da parte della politica, che resta in silenzio di fronte all’entità del problema. Ciambriello lamenta che in assenza di un intervento concreto, si assiste a un costante aumento di suicidi e di atti di autolesionismo tra i detenuti.
Il garante critica anche il populismo mediatico e penale, aperto a giudizi severi verso i “diversamente liberi”, senza tener conto delle difficoltà che i detenuti affrontano quotidianamente. Le celle sovraffollate e le condizioni di vita difficili sono fattori che aumentano l’instabilità emotiva tra i detenuti, rendendo il rischio di suicidi un problema di sempre maggiore attualità. Le parole di Ciambriello rappresentano un grido d’allerta a cui è fondamentale prestare attenzione, non solo per il bene dei detenuti, ma per l’intera società.
L’analisi dei dati sui suicidi nei penitenziari rivela anche profili preoccupanti. L’età media dei detenuti che si sono tolti la vita è di 40 anni, ma tra le vittime si trovano anche giovani, con 8 suicidi avvenuti da parte di persone tra i 18 e i 25 anni. Questo dato mette in evidenza come il fenomeno non colpisca esclusivamente coloro che sono in carcere da lunghi periodi, ma anche individui più giovani, che potrebbero trovarsi in situazioni di particolare vulnerabilità.
Il fenomeno del suicidio in carcere affonda le radici in molteplici fattori, tra cui la precarietà psicologica, l’assenza di prospettive future e il senso di isolamento. La mancanza di sostegno psicologico adeguato e personale formato nelle carceri amplifica la difficoltà dei detenuti nel gestire il loro stato emotivo. Il disagio psicologico, le condizioni che portano a comportamenti autolesionistici e la mancanza di una rete di supporto sono aspetti che richiedono una riflessione approfondita e misure concrete per garantire la salute mentale dei detenuti.
Il sistema penitenziario italiano si trova a un bivio cruciale, che richiede attenzione e azione da parte di tutti gli attori coinvolti, per evitare che questi numeri continuino a crescere.