Un significativo traguardo nel campo della medicina avanguardistica è stato raggiunto al Policlinico dell’Università Luigi Vanvitelli di Napoli, dove è stato eseguito il primo intervento al mondo di terapia genica per curare la sindrome di Usher di tipo 1B. Quest’innovativo approccio terapeutico mira a combattere una rara malattia dell’occhio associata alla sordità, ponendo Napoli al centro di una nuova frontiera scientifica. L’intervento fa uso di una tecnologia di terapia genica sperimentale, denominata “dual-AAV”, sviluppata dal Tigem, l’Istituto Telethon di genetica e medicina.
La sindrome di Usher è una patologia rara che colpisce la vista e l’udito. Nello specifico, la variante di tipo 1B è caratterizzata da una forma grave di retinite pigmentosa, una malattia degenerativa della retina che porta alla perdita progressiva della vista, e da sordità congenita. I sintomi di questa sindrome possono manifestarsi dalla prima infanzia e progredire nel corso degli anni, portando i pazienti a una qualità della vita notevolmente compromessa.
Affrontare una diagnosi di sindrome di Usher di tipo 1B può risultare estremamente difficile per le persone colpite e le loro famiglie. La perdita dell’udito impedisce una comunicazione efficace e la progressiva perdita della vista limita la capacità di muoversi in sicurezza e di svolgere le normali attività quotidiane. Di conseguenza, i pazienti devono affrontare anche sfide psicologiche legate all’adeguamento a una vita con disabilità sensoriali.
L’intervento realizzato al Policlinico Vanvitelli rappresenta una pietra miliare nella cura della sindrome di Usher. Durante la procedura, gli specialisti oculari hanno iniettato un vettore virale nello spazio sotto-retinico dell’occhio del paziente. Questo vettore è progettato per trasportare una versione corretta del gene difettoso, con l’obiettivo di ripristinare la funzionalità visiva.
La tecnologia “dual-AAV”, che ha reso possibile l’intervento, è stata sviluppata nei laboratori del Tigem. Questa piattaforma innovativa è in grado di affrontare le limitazioni dei vettori virali tradizionali, che solitamente non possono contenere geni di grandi dimensioni. Grazie a un approccio frammentato, i ricercatori sono riusciti a sviluppare un metodo che consente il trasferimento di geni complessi, migliorando così le possibilità di trattamento per numerose patologie genetiche.
Sebbene il primo intervento di terapia genica per la sindrome di Usher di tipo 1B sia un risultato straordinario, gli esperti avvertono che sarà necessario monitorare attentamente i risultati a lungo termine. Alberto Auricchio, direttore del Tigem, ha sottolineato l’importanza di continuare la ricerca affinché i risultati promessi in laboratorio possano tradursi in benefici concreti per i pazienti.
L’intervento di Napoli non solo segna un progresso nella cura delle patologie oculari, ma rappresenta anche un passo importante verso lo sviluppo di nuove terapie geniche. La potenziale applicazione della tecnologia dual-AAV potrebbe aprire la strada a trattamenti per altre malattie genetiche, migliorando così le prospettive di vita e la qualità della vita di molti pazienti in tutto il mondo, in un ambito che continua a evolversi rapidamente.