La triste scoperta avvenuta giovedì 2 gennaio presso la chiesa di San Giovanni Battista a Poggiofranco, Bari, sta sollevando domande inquietanti sulla sicurezza del sistema dell’hotspot per neonati. Il parrocchia, don Antonio Ruccia, è sotto inchiesta insieme a un tecnico manutentore, coinvolto per la possibile negligenza che ha portato al tragico evento della morte di un neonato di quasi un mese. La situazione ha destato l’attenzione dei media e delle autorità locali, portando a una serie di indagini più dettagliate sul caso.
Le indagini e la posizione di don Antonio
Don Antonio Ruccia ha scelto di non rispondere alle domande degli inquirenti. La sua posizione è emersa dopo il ritrovamento del corpicino nella culletta termica. Il parroco è ora indagato per omicidio colposo. Il 14 dicembre, un elettricista era intervenuto nella struttura a causa di un guasto, il quale potrebbe essere indicativo del malfunzionamento che ha impedito l’attivazione dei sistemi di allerta. Don Antonio era già stato ascoltato in precedenza come persona informata sui fatti, ma ora è sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti.
Dopo l’autopsia, che ha rivelato che il piccolo era probabile fosse vivo quando lasciato nella culletta, gli esperti hanno indicato che la sua morte sarebbe avvenuta a causa delle basse temperature. Ma resta da capire perché non è scattato nessun allerta. Durante l’udienza, don Antonio è stato assistito dal suo avvocato, Salvatore D’Aluiso, che ha sottolineato il suo diritto a un processo equo e trasparente.
La consulenza tecnica e le anomalie del sistema
Nella giornata odierna, la Procura di Bari ha incaricato due ingegneri, uno dei quali docente del Politecnico, di fare chiarezza sulle anomalie riscontrate nel sistema di allerta. Questo riguarda non solo il sensore di peso della culletta termica, che avrebbe dovuto avvertire don Antonio in caso di utilizzo, ma anche il sistema di condizionamento che non si è attivato come previsto. I periti inizieranno le loro indagini il lunedì successivo. La relazione dell’autopsia ha confermato che il neonato, prima di morire, presentava segni di disidratazione e sottopeso.
La difesa del sacerdote ha preso l’iniziativa di nominare un ingegnere del Politecnico come consulente di parte, per garantire che tutte le informazioni siano analizzate in modo approfondito e obiettivo.
Le contraddizioni sul collegamento con il Policlinico
Il legale di don Antonio, Salvatore D’Aluiso, ha chiarito alcuni punti relativi a cosa fosse realmente collegato al Policlinico. Secondo il suo resoconto, inizialmente c’era un collegamento video, non un sistema di allerta telefonico. Questo sistema permetteva al Policlinico di monitorare la culletta, ma non era attivo nel modo previsto. Negli due precedenti casi di abbandono avvenuti, don Antonio sarebbe stato comunque in grado di contattare il reparto di Neonatologia. Tuttavia, permane un interrogativo su quanto realmente fosse funzionale il sistema di allerta e sul perché non abbia funzionato questa volta.
La situazione rimane in fase di sviluppo, con molte domande senza risposta e una comunità sotto shock per il tragico evento. I prossimi passaggi delle indagini saranno fondamentali per chiarire i dettagli di questa triste vicenda e per garantire che eventi simili non possano ripetersi in futuro.